La concorrenza “internazionale” delle bancarelle

Nella pausa pranzo amo uscire dalla City camminando mezzo chilometro a Nord del quartiere di Barbican dove lavoro.  Il confine è netto: cento metri più in qua grattacieli e palazzi di vetro avveniristici e cento metri più in là vecchie case vittoriane, prime propaggini del Silicon Roundabout di cui ho parlato nel post precedente. Whitecross Street è il nome della via che percorro e che presenta un incredibile campionario di internazionalità. Nulla di elegante. Al contrario: l'ambiente è suburbano e popolato da gente modesta che allestisce le proprie bancarelle per sfamare gli impiegati che sciamano da banche e società finanziarie situate nei dintorni. In Italia potrebbe essere un mercatino come un altro, con qualche tocco etnico di immigrati che vendono la loro merce. A Whitecross Street pare di essere alle Nazioni Unite.

Della trentina di bancarelle alimentari che ho contato allineate su due file a margine del mercato alimentare coperto non una è simile all'altra: ci sono i thailandesi che vendono il loro fast food piccante con contorno di riso. C'è lo spagnolo che vende burritos, ci sono due italiani che riflettono chiaramente due fasi della nostra emigrazione: uno dal nome Ravello vende improbabile pasta calda già condita da scaricare nell'immancabile contenitore di plastica. Un altro di nuova generazione gestito da giovani fa panini alla piastra farciti come potremmo trovare in un buon bar italiano. Accanto una coppia di arabi vende Falafel e poco distante tre francesi servono ogni tipo di quiches. C'è poi un enorme banco indiano che serve pestiferi curries e, non lontano, un bancone gremito da inservienti cinesi che indaffarati scodellano la loro merce. Ci sono poi alcuni banchi inglesi che vendono cibo pseudo mediterraneo con insalatone miste più o meno improbabili. I prezzi per pasto variano da tre a cinque sterline. Gli avventori avanzano curiosi a passo lento, annusano qua e là, fanno la loro scelta, si mettono in coda e poi, beati e impeccabili mangiano in piedi come cavalli caracollando nelle vie laterali o appoggiandosi ai muri. Ciò che colpisce è che, bene o male, tutti i nostri micro imprenditori hanno più o meno lo stesso numero di clienti. Davanti a questo minuscolo campione di concorrenza alimentare internazionale viene da riflettere sulla mano invisibile dell'economia. Ognuno compete con l'altro ma tutti insieme attraggono centinaia di persone e miracolosamente si spartiscono i clienti in parti quasi uguali. A giudicare da questo piccolo test è difficile affermare se la gente preferisce nettamente un tipo di cucina piuttosto che un'altro. La concorrenza pare quasi perfetta.