Il fragile sciopero della fragile BBC

Per ben 48 ore, venerdì e sabato scorsi,  in Gran Bretagna ci siamo dovuti adattare a notiziari ridotti della BBC e a numerosi programmi pre-registrati. La causa: uno sciopero a tappeto dei giornalisti della Tv di Stato a cui hanno aderito anche grandi firme e volti noti dell'etere pubblico. Motivo: i tagli in vista al sistema pensionistico della "Zietta", come la chiamano gli inglesi, hanno infuriato i 17.500 dipendenti e in particolare i combattivissimi 4.100 membri del sindacato giornalisti. I giornalisti sostengono che prima di vedere decurtate le proprie pensioni, l'esempio dovrebbe venire dall'alto, da top managers come il direttore generale Mark Thompson, che guadagna 834.000 sterline l'anno (circa 1 milione di euro). Ma hanno senso queste battaglie nei media del giorno d'oggi? E' sicura la BBC di essere indispensabile quanto una v0lta in un mondo in cui tutto si disintermedia e le identità si annacquano?

Quello che mi  ha fatto specie è vedere nomi famosi dello schermo come Jeremy Paxman, Fiona Bruce, Huw Edwards , Paul Mason e altri  anchor, allinearsi ai colleghi in sciopero non recandosi al lavoro o stando fuori dall'entrata in picchetto come Mason, che è finito su tutti i giornali mentre apostrofava il direttore Thompson. Fatico infatti a capire come Paxman, che guadagna oltre un milione di sterline l'anno (1,2 milioni di euro) e molte altre star giornalistiche della BBC che ne guadagnano alcune centinaia di migliaia, si associno alle critiche dei colleghi "poveri" attaccando una trentina di dirigenti che guadagnano assai meno di loro.  Che hanno le star televisive in comune con colleghi – quelli si –  che guadagnano mediamente tra 30 mila sterline lorde l'anno lavorando con turni massacranti e passando ore sui mezzi di trasporto ogni giorno per recarsi in ufficio? La lezione più interessante che ho tratto peraltro, nell'era di internet e dell'offerta infinita di alternative nel mondo dell'informazione, è che se qualche volto noto viene a mancare per qualche giorno non importa nulla a nessuno. Anzi, vedere facce nuove che leggono versioni abbreviate di telegiornali a molti è piaciuto. Lo hanno considerato una ventata di aria fresca. In più, il prosciugamento delle notizie all'essenziale, private dell'aspetto spettacolare dei presentatori che danno sfogo al loro lato narcisista a molti è piaciuto. Personalmente mi sono goduto un paio di documentari che non avrei mai visto in condizioni normali. Conclusione: in vista di una nuova ondata di 48 ore di astensioni, è meglio che la BBC si faccia l'esame di coscienza. In tempi di austerità una emittente pubblica sostenuta dai contribuenti, per quanto di grande qualità, deve accettare tagli e sacrifici.  Inoltre deve stare attenta che concorrenti formidabili come la Sky di Murdoch, peraltro nell'occhio dell'anti-trust perchè già troppo potente , potrebbero avvantaggiarsene in modo crescente, prendendo spazi che la Tv pubblica rischia di perdere a causa di rivendicazioni sempre più anacronistiche in un'era in cui l'informazione è un business sempre meno vivibile.  Si tratta di rivendicazioni per certi versi sacrosante ma sono rese ridicole da un manipolo di colleghi milionari che giocano agli oltranzisti in un'epoca in cui, se sparissero dagli schermi, verrebbero rimpianti  da un pubblico distratto al massimo per un paio di giorni.

  • puzzle bubble |

    molto interessante

  • giuseppe |

    “Fatico infatti a capire come Paxman, che guadagna oltre un milione di sterline l’anno (1,2 milioni di euro)…” Io, invece, fatico a capire come Lei non riesca a capire. Sarà che chi è la conosce “colleghi milionari che giocano agli oltranzisti ” mentre non conosce un concetto come solidarietà compreso, invece, dall’abbonato che è qua. Proprio vero, internet annula tutte le distanze, purtroppo anche quelle che sarebbe il caso di mantenere, anzi aumentare.

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