Addio ai tempi gloriosi di Winston Churchill, quando l’interesse nazionale e addirittura mondiale lo si difendeva combattendo i nazisti. Oggi la difesa del Paese e la rinascita dalle piaghe del Covid la si persegue combattendo in trincea, casa per casa, facendo addirittura il proprio interesse, come ci ha insegnato l’ex Premier britannico David Cameron (2010-16). Consigliere e azionista di Greensill, una finanziaria finita recentemente gambe all’aria in uno scandalo che ha coinvolto varie banche europee, Cameron ha dichiarato durante una recente interrogazione parlamentare che il suo lavoro lo faceva nell’interesse del Paese. Greensill operava infatti nel campo del supply chain financing, una formula per cui una terza parte finanzia il fornitore per facilitargli il rapporto con il cliente. Nella fattispecie, Cameron promuoveva Greensill presso il Governo per permetterle di partecipare alla CCFF (Corporate Covid Financing Facility), una forma di supporto finanziario per facilitare le grandi aziende in crisi di cash-flow a causa della pandemia. Tra marzo e giugno del 2020 Cameron aveva tempestato di Whatsapp esponenti del Governo e dell’amministrazione affinché i soldi potessero essere utilizzati da Greensill per dare garanzie governative ai crediti che erogava alle piccole-medie aziende colpite dal Covid. Fortunatamente per il Paese, Greensill non è riuscita a infilarsi nello schema, fallendo (dopo che il suo assicuratore ha smesso di garantire i suoi prestiti) e trascinando nel gorgo 440 dipendenti, oltre a metterne in pericolo altri 5mila dell’acciaieria Liberty Steel del gruppo Gupta, principale finanziatore di Greensill, attualmente sotto inchiesta del Serious Fraud Office (l’ufficio anti-frodi) per riciclaggio di danaro sporco.
Lex Greensill, fondatore dell’omonima finanziaria, era un senior advisor di Cameron quando questi era al Governo, anche se l’ex premier ha detto di averlo preso a bordo tramite uno dei suoi consiglieri politici e incontrato solo un paio di volte. Sta di fatto che nel 2018, due anni dopo le dimissioni di Cameron e in osservanza alle regole secondo cui un ministro per un biennio deve astenersi da qualsiasi attività di business privato, Cameron e Greensill erano diventati pappa e ciccia e l’ex Premier neo-assunto beneficiava di un lauto stipendio (assai più alto delle 150mila sterline lorde annue di Downing Street) e azioni nella società si dice (per quanto smentite da Cameron) per 60 milioni di sterline. Oltre a una serie notevole di benefit, tra cui l’utilizzo di aerei privati e altre amenità. Cameron non ha negato di aver preso il nuovo lavoro per arricchirsi (“ero pagato assai generosamente”) ma non senza una patetica ipocrisia ha cercato di convincere che perseguiva una sorta di interesse superiore. Un atteggiamento arrogante in puro stile etoniano, il liceo esclusivo dove studia gran parte della classe dirigente del Paese e dove Cameron era peraltro compagno di classe e di merende dell’attuale premier Boris Johnson. A riportarlo con i piedi per terra, ci hanno pensato i parlamentari della commissione finanze facendogli notare come la sua reputazione sia oggi in frantumi, e con essa l’istituto di capo del Governo che ha infangato. Gli è stato chiesto se non si vergognava di cercar di fare soldi mentre negli ospedali morivano a migliaia e se non si vergognava come ex Premier che aveva guidato un Paese per ben 6 anni di bombardare di messaggi politici e funzionari di Stato come un piazzista di spazzolini.
La vicenda di Cameron, che per ora non ha risvolti legali, fa capire quanto siano crollati gli standard etici nel partito che fu di Churchill. Cameron, di una ricca famiglia con sangue nobile da parte di madre, un passato nelle pubbliche relazioni e business prima di entrare in politica, evidentemente non si accontentava come gran parte dei suoi predecessori ex-premier, di ritirarsi e scrivere le proprie memorie o tenere discorsi pubblici. A 50 anni, quando ha lasciato il Governo, sentiva di avere davanti una nuova vita da businessman. Peraltro lo scandalo è scoppiato sulla scia di altre vicissitudini poco trasparenti da parte del Governo Johnson e di suoi esponenti, legate alla fornitura di materiali e all’accesso al sistema Sanitario in tempi di Covid. Oltre alla storia che per un mese ha monopolizzato i media dei finanziamenti privati al Premier Boris Johnson per la ristrutturazione del suo appartamento al n 11 di Downing Street.
Di sprechi, incompetenze, cattivo utilizzo del danaro pubblico è piena la storia politica britannica. Mai finora, almeno pubblicamente, erano emersi legami così diretti tra governo e arricchimenti personali. Londra per decenni è stata un modello da imitare su come adottare standard etici e regolamenti che contrastino i conflitti d’interessi. Tra questi, quello di tenere rigorosamente distinte la sfera pubblica da quella privata, isolando con un recinto di regole etiche il periodo governativo di un personaggio pubblico. Il quale, ovviamente, poteva sia prima che dopo tornare a vita privata. Ma le due fasi dovevano essere separate come Mr Hyde e Dr Jekyll. Un modo elegante di procedere rispetto a tanti altri Paesi, compreso il nostro, in cui la corruzione avveniva o avviene durante l’esercizio delle funzioni pubbliche. Cameron in questo ha seguito la regola da manuale, riattivando il legame con una persona che conosceva quando era premier solo dopo due anni. Il suo vantaggio è stato quello di utilizzare in modo sfacciato il prestigio che aveva ottenuto a capo del Governo, monetizzando il più possibile. I tempi cambiano. Già Tony Blair aveva fatto aggrottare più di un sopracciglio prendendo varie consulenze con banche e finanziarie e facendo soldi nel circuito delle conferenze. Forse lo scandalo che ha coinvolto Cameron è semplicemente legato a cattiva fortuna, nel senso che gli è andata male. Certamente ha fatto una pessima figura: oltre a umiliarsi come un venditore di spazzole, ha scelto di farlo per un’azienda a dir poco di furbacchioni e al peggio corrotta, se emergeranno legami torbidi con la società dei Gupta, sotto inchiesta per riciclaggio. In altre parole Cameron si è messo a fare un lavoro alla leggera, senza valutare bene chi fosse il proprio datore e confidando nel proprio carisma. Da cui si evince, nella migliore delle ipotesi, che di business ci capisse poco e avrebbe fatto bene a starne alla larga e scrivere le sue memorie, anche alla tenera età di 50 anni…