Jeremy Corbyn, 66 anni, vegetariano, anti-monarchico, simpatizzante marxista, anti-nuclearista, favorevole alle nazionalizzazioni e a forti tasse sui ricchi, signor-no laburista con all’attivo 500 votazioni contro la linea del partito dal 1997 a oggi, sta diventando l’astro nascente del Labour, in vista delle elezioni del nuovo leader dopo la bruciante sconfitta di Ed Miliband alle elezioni di maggio. Stando agli ultimi sondaggi avrebbe il 42% delle preferenze in prima votazione, con un forte vantaggio sugli sfidanti più accreditati come Yvette Cooper (46 anni) e Andy Burnham (45 anni), educati rispettivamente a Harvard e Cambridge. Corby ha lasciato la scuola a 18 anni, per poi passare un lungo periodo nel sindacato. E’ deputato dal 1983, con 32 anni di presenza parlamentare in rappresentanza del quartiere londinese di Islington Nord, dove si concentra molta intellighenzia laburista. Dei sindacati è peraltro beniamino e ha il pieno appoggio delle maggiori centrali del Paese. Piace ai giovani delusi dalla politica e simpatizzanti di formazioni europee di sinistra coma la greca Syriza e la spagnola Podemos.
Da alcuni mesi le iscrizioni al partito laburista sono peraltro tornate a crescere, tanto che i nemici hanno accusato Corbyn di avere incoraggiato elementi di estrema sinistra a entrare nelle file, mentre molti simpatizzanti conservatori avrebbero fatto lo stesso per fare deragliare la votazione. L’allarme nel Labour è tale che giorni fa alcuni parlamentari laburisti hanno chiesto addirittura di sospendere le primarie perché finite fuori controllo. L’ironia della sorte è che è stato lo stesso partito a sostenere la sua candidatura per dare varietà alla tenzone, mettendo in gioco quella che doveva essere una macchietta di sinistra. Ora che il genio è fuggito dalla bottiglia sono tutti nel panico.
Corbyn è un uomo integro, su questo non ci piove: non ha mai cambiato idea: a guardare indietro ci ha azzeccato nel 2003 votando contro la guerra in Iraq e ha sostenuto Nelson Mandela fin dalla prima ora. Fino a un paio di anni fa non avrebbe avuto una chance di raccogliere consensi. Oggi è popolarissimo e sta facendo venire la bava alla bocca ai blairiani e browniani, che hanno dominato per tre legislature il partito e il Governo tra il 1997 e il 2010. Una cosa è certa: se Corbyn vincesse il contesto per la leadership, il partito laburista diverrebbe ineleggibile per la gran parte degli elettori. Blair da qualche tempo non si stanca di ripeterlo, paventando un lungo inverno artico per il partito, lontano dalla stanza dei bottoni.
La migliore spiegazione per questa “Corbymania”, come l’ha definita George Parker, notista politico del Financial Times in una recente analisi, è che è più la mancanza di appeal degli altri membri che le idee di Corbyn che attraggono i sostenitori. Infatti Cooper e Burnham ripropongono temi di centro-sinistra browniani e blairiani senza averne il peso intellettuale. Inoltre la gente non ha dimenticato che lo scoppio della bolla è avvenuta sotto il New Labour che aveva abbracciato buona parte della visione economica thatcheriana. Perché votare dei giovani cloni in una fase storica diversa? Già Ed Miliband aveva dato una connotazione di sinistra alla sua leadership del partito (2010-15) sterzando ulteriormente in campagna elettorale per poi prendere una legnata. Il desiderio di mantenere il partito coeso gli è costato i consensi nel Paese. Ora con Corbyn non solo la storia si ripeterebbe davanti alle urne, ma l’anziano sindacalista rischierebbe con la sua visione paleo-laburista di spaccare il proprio partito a metà creando danni irreparabili.
E’ però un fatto che le vecchie politiche centriste del labour non convincono più. In passato il laburista Blair che giocava al conservatore aveva avuto un forte appeal. Oggi i conservatori non solo si sanno rappresentare benissimo da soli ma hanno adottato alcune politiche di sinistra che hanno eroso terreno ai rivali. In mancanza di nuove idee una buona metà del partito si rannicchia nei sani principi di una volta, a costo di mollare gli ormeggi e finire alla deriva. Ma oltre alle idee servono gli uomini e a sinistra l’unico con carisma pare proprio Corbyn. Al punto da raccogliere un encomio, forse non proprio disinteressato, di Boris Johnson, sindaco di Londra e in prospettiva papabile per la leadership dei Tory, secondo cui Corbyn piace perché è autentico: “Appassionato e con principi deve essere un esempio per tutti in politica”. Già, nel mondo dei sondaggi e del tempo rapido e sempre più sincopato, per chi governa avere dei principi è sempre più un rischio. Ma averne almeno in campagna elettorale è fondamentale. E in questo Jeremy Corbyn pare aver visto giusto.