Conosco Boris Johnson, il nuovo sindaco di Londra, dal 1996. Era rientrato da due anni da Bruxelles dove, come corrispondente di < The Daily Telegraph >, con articoli faziosamente euroscettici, si era distinto come sabotatore per chiunque avesse a cuore il progetto europeo. A quell’epoca, a soli 32 anni, era già vicedirettore di < The Daily Telegraph >, il grande quotidiano conservatore britannico. Ci siamo incontrati varie volte nelle rispettive case e abbiamo trascorso una vacanza in Corsica con i genitori della moglie Marina, Charles Wheeler (un noto giornalista della Bbc) e la madre di origine indiana.
Ricordo, lungo la spiaggia di Algajola, a nord-ovest dell’isola, il biondissimo Boris e i figlioletti vagare rossi come gamberi sotto un mini-ombrellone per ripararsi dalla canicola. Boris ha una profonda cultura classica, temprata all’Università di Oxford, ed è un ammiratore della Roma antica. Recentemente, in un programma Tv titolato The Dream of Rome, sosteneva che solo Roma era riuscita a unificare l’Europa. Chiacchierando con lui ciò che più colpisce è il suo modo verticale di porre domande. E quel suo sorriso sornione e lo sguardo assente, mentre ascolta le risposte, pronto a una battuta di rimando fulminante. Boris è l’uomo più spiritoso che ho incontrato. Ha forse la penna più felice d’Inghilterra. Troppo, dato che ci mette sempre del suo. Fin da giovane, quando si fece cacciare da < The Times > per essersi inventato un’intervista. Peraltro ha offeso mezza Gran Bretagna e metà del resto del pianeta con le sue gaffes politicamente scorrette, come quando diede dei < vittimisti perdenti > agli abitanti di Liverpool durante il rapimento in Iraq (finito in omicidio) del povero concittadino Ken Bigley. Fu costretto dall’allora leader dei tory Michael Howard ad andare a chiedere scusa alla cittadinanza a cui però disse che ciò che voleva colpire non era la povera vittima ma il sentimentalismo melenso. O quando disse di essere talmente a favore dei matrimoni omosessuali da promuovere anche i menages a tre. Fortemente esibizionista ha sempre cercato la controversia. Devo peraltro confessare di essere stato involontario tramite di un’intervista, quando era direttore di < The Spectator > che fece in Sardegna a Silvio Berlusconi nel 2003 in cui l’allora premier diede dei matti ai giudici scatenando il putiferio. Irrefrenabile, Boris ha passato la vita tra gaffes e controversie, cavandosela sempre grazie a un enorme senso dello spirito. Durante la campagna elettorale per Londra, davanti all’accusa di Livingstone di essere inesperto, disse che inesperto era Ken il Rosso che non aveva mai avuto la sfortuna di gestire una ventina di giornalisti. Facendo ridere lo stesso interessato, che non ha mai nascosto la propria simpatia per l’avversario.
L’umorista
L’umorismo lo ha fatto diventare un divo televisivo in programmi comici che gli hanno procurato premi e riconoscimenti. Asciutto e pungente come Oscar Wilde e surreale e iperbolico come Rabelais e Cervantes, Boris, dall’inconfondibile voce baritonale, avrebbe potuto (di fatto lo è) diventare un illustre umorista. Chiunque si sarebbe peraltro accontentato di essere un grande giornalista o un grande comico. Ma il geniale Boris ha il pallino della politica. La sua comunicativa lo rende irresistibile. Già all’Università era capo dell’Oxford Union, l’organizzazione che dibatte i grandi temi politici. Nel 2001 è diventato deputato del collegio di Henley e poi ha avuto piccole cariche nei Governi-ombra “tory”, tra cui una di sottosegretario per le arti che dovette lasciare nel 2004 dopo una scappatella con la giornalista Petronella Wyatt che, oltre al posto, gli costò notti all’addiaccio dopo che la paziente Marina lo chiuse fuori casa. Boris ha un forte senso della famiglia e oltre a moglie e figli (Theo Apollo, Milo, Lara e Cassia) è legato in modo clanico ai fratelli Jo e Rachel, alla madre pittrice Charlotte e al padre Stanley, un altro personaggio eccentrico, ex deputato conservatore ed ex-funzionario della Commissone Ue e della Banca Mondiale. Nato a New York e rimasto americano fino a pochi anni fa Boris ha studiato a Bruxelles e Eton, tempio dei conservatori elitari. E’ il prototipo del conservatore e piace ai conservatori ma le sue discendenze turche, la sua vita caotica e il suo multiculturalsmo “genetico”, come dice di sè, lo rendono simpatico a tutti. Per questo, forse, Londra, che inizia a sentire i venti gelidi della crisi economica si è affidata a un uomo solare. A un istrione. Non a caso il suo ufficio di sindaco nel bell’edificio di Norman Foster è a un passo dalle vestigia dei grandi teatri elisabettiani. E da London Bridge, dove gli antichi romani posero le fondamenta di Londra.
L’ammirazione per Berlusconi
In Italia, dove tutto è sempre tristemente distorto dalla lente ideologica è già partito il dibattito in chiave nostrana sull’ammirazione di Boris per Silvio Berlusconi. Posso confermare che Boris è sempre stato divertito da Berlusconi come personaggio debordante. Da esibizionista con un tocco di megalomania il neo-sindaco londineseBoris non poteva non trovare dei paralleli caratteriali nel politico milanese. Ma Jonhson è un conservatore e, per quanto sui generis, (e in questo caso diverge dallo schema dai suoi compagni di partito perchè è più libertario e progressista) ha ben chiaro in mente cosa è un conflitto d’interesse o i rapporti col potere giudiziario. Va ricordato che lo hanno votato 1,2 milioni di londinesi e questo non erano tutti bianchi e reazionari. La stima di Livingstone per Johnson e il curioso rapporto di simpatia tra i due è lì per provarlo. Infine una persona con grande senso dello spirito come Boris non si potrà mai trasfornare in un prepotente o un tiranno. Costoro hanno di solito un’enorme concezione di sè, uno spirito di patata e nessuna autoironia. Boris ha in buona dose il primo ingrediente, ma non ha nessuno degli altri due. Finora tutti gli infortuni che ha subito in politica li deve infatti all’irrefrenabile impulso di non prendere le cose sul serio e farci sopra una risata. Da oggi per lui inizia una nuova avventura. Dovrà essere serio. Una parola che non può più eludere se vuole fare cons successo il primo cittadino di una delle più affascinanti (e divertenti, guarda caso) città del mondo.