Probabilmente l'impressione è più forte in Gran Bretagna dove, dopo due anni di potente anestetico somministrato a colpi di debito, ora la resa dei conti giunge rapida e brutale, personificata dal nuovo Governo di coalizione Con-Lib di Cameron e Clegg. Questo si prepara ad annunciare drastici tagli alle spese e aumenti delle tasse in un budget di emergenza prima delle vacanze estive. Ma i programmi di austerità in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, già resi noti al pubblico o in via di attuazione, ripetono tutti tristemente lo stesso mantra: qualsiasi cosa succeda, dopo 15 anni vissuti assai al di sopra dei loro mezzi, gli europei devono ora ridimensionare fortemente il proprio stile di vita. E' una svolta epocale, una sterzata senza precedenti dal dopoguerra, di cui ancora la gente non si rende conto fino in fondo. Gli anni del benessere sono ancora recenti, l'anestesia del debito durante la crisi bancaria ha finora lenito il dolore. Ma, a partire da quest'estate, la musica è destinata a cambiare e tutti dobbiamo prepararci a tirare la cinghia. Saremo tutti più poveri perchè, con le dovute differenze, abbiamo vissuto tutti "alla greca".
E' arrivata la resa dei conti: in Gran Bretagna, assai probabilmente, la tassa sui capital gain salirà dal 18% al 40%, la nuova aliquota massima del 50% sui redditi superiori a 150mila sterline annue introdotta un mese fa dai laburisti rischia di rimanere per anni. L'Iva, tornata al 17,5% dopo che era stata ridotta al 15% durante la crisi, verrà aumentata ulteriorlmente. Alcuni iniziano peraltro a paventare l'introduzione, sotto qualche forma, di una tassa patrimoniale. Tranne i dipartimenti della Sanità e dell'Educazione, tutti i dicasteri subiranno forti tagli alle spese. Perfino le Olimpiadi londinesi del 2012 rischiano di vedere ridimensionati i sussidi. La Grecia, che da quando è entrata nell'euro ha una struttura dei prezzi delirante, sia sul fronte interno sia per la competitività internazionale, per sgonfiare la bolla e tornare con i piedi per terra, potrebbe dover ridimensionare di un terzo il proprio treno di vita in termini di salari tagliati, aumenti alle tasse, tagli alla spesa pubblica, consumi ridotti e possibile deflazione. L'Irlanda, che ha vissuto un folle boom immobiliare, con le banche che hanno speso il doppio di quelle spagnole (già fortemente esposte a loro volta) nei crediti ipotecari a privati e aziende immobiliari, è entrata in una dura quaresima: sta attraversando la peggiore recessione dal dopoguerra con disoccupazione a doppie cifre. Spagna e Portogallo hanno annunciato tagli ai salari pubblici. Il risultato è che per almeno tutto quest'anno e il prossimo, malgrado segni di ripresa selettivi di alcuni settori dell'economia, la popolazione si sentirà impoverire sempre più per aggiustare il proprio treno di vita. In altre parole, lo sgonfiamento della bolla del debito, per evitare un trauma economico nazionale, avverrà in modo graduale e lento, dando alla gente l'impressione di un progressivo soffocamento. Certo, non siamo alla fine del mondo, ma l'Europa deve assolutamente cambiare abito mentale per affrontare questa crisi. Gideon Rachman, editorialista del Financial Times, sostiene che gli europei non sono per nulla preparati a questa svolta e non si rendono conto di quanto hanno finora vissuto al di sopra dei propri mezzi. Credevano, secondo Rachman, di rappresentare lo stadio più elevato di sviluppo dell'economia mondiale, con crescita lenta ma in cambio robuste salvaguardie sociali e la migliore qualità della vita al mondo, verso cui tutti, Americani per primi e Cinesi a loro tempo, avrebbero tentato di convergere. Invece, tutto questo, secondo Rachman, si rivelerà una pia illusione, una parentesi, un esperimento socio-economico dimostratosi caduco e insostenibile. Sarà dunque durissimo il riadattamento a una nuova amara realtà per chi considerava ormai un fatto acquisito e irreversibile le baby pensioni, l'orario di lavoro ridotto, la sanità pubblica a tappeto e privilegi e prebende di ogni genere. La globalizzazione ha avuto l'effetto di una fortissima piena che ha rotto tante dighe, allineando i mercati secondo il principio dei vasi comunicanti. Quello dei beni e dei servizi si è adattato per primo. Ora tocca inevitabilmente a quello che, finora, la politica aveva disperatamente protetto ma non riuscirà più a proteggere: il mercato del lavoro.