La City sta rimpicciolendo e il Financial Times di questo week end ne ha preso tristemente atto. La cittadella finanziaria di Londra, colpita al cuore dalla crisi economica, sta soffrendo in prima linea la pesante ristrutturazione del mondo della finanza. Il caso di UBS, ultimo della serie di tagli e licenziamenti, è illuminante: dei 10mila dipendenti che la banca svizzera si appresta a licenziare, ben 3mila, secondo il FT, lavorano nel Miglio Quadrato. Questi rappresentano peraltro quasi la metà dei dipendenti che la banca ha a Londra, dove opera nel settore dell'investment banking. I tagli di UBS sono l'aspetto più appariscente di un'emorragia che sta andando avanti da 5 anni con alti e bassi ma senza sosta. Secondo il centro studi Cebr, dal 2007, anno in cui la crisi è cominciata con il crack della banca Northern Rock, la City ha perso un terzo della forza lavoro, crollata da 354mila a 255mila unità, più o meno la dimensione che aveva a metà degli anni Novanta.. Sono finiti i tempi in cui la vulgata ripeteva fieramente che nel Miglio Quadrato lavorava tanta gente quanta la popolazione di Francoforte. Oggi passa a malapena quella di Trieste. Il de-leveraging seguito allo scoppio della bolla del debito procede insomma inesorabilmente, rimpicciolendo le istituzioni finanziarie.
Il declino a cui siamo assistendo è motivo di tristezza e non deve indurre a ciniche soddisfazioni per la giusta punizione del mondo della finanza. La City è molto più della finanza. E' il cuore pulsante di Londra. La City, infatti, non alimenta soltanto il mercato immobiliare di fascia alta, le auto di grande cilindrata, il mondo dell'arte o l'industria del lusso in virtú dei bonus miliardari che dispensa ai suoi banchieri. La City è anche il maggiore volando dell'industria della conoscenza, che coinvolge il mondo dell'accademia, dei media e dell'informazione, dei think tank, del design e dell'architettura. In quest'ultimo caso basti pensare ai grandi grattacieli che stanno sorgendo tra il Miglio Quadrato e Canary Wharf e che al momento rischiano di rimanere semivuoti. La City è il cuore di quel cosmopolitismo che ha attratto le menti più brillanti da tutto il mondo e, in gran parte, d'Europa. Costoro, oggi, in parte rimpatriano e in parte cercano nuovi percorsi, ma difficilmente verranno riciclati in industrie tradizionali come ingegneri, fisici o chimici. Tutta l'economia sta infatti soffrendo. Non è tempo di cinici compiacimenti anche se è un fatto che stiamo assistendo alla pena del contrappasso di un'era di eccessi. Quando finirà il declino? Finché il de-leveraging e con esso i licenziamenti continueranno non ci sono grandi margini di ottimismo. Inoltre, i posti persi a Londra, contrariamente a quanto molti pensavano, non si traducono in altri posti in paesi emergenti. Una macchina come quella della City è estremamente sofisticata e ha bisogno di una civiltà sofisticata per trarre alimento, oltre a una massa critica importante che città come Singapore, Dubai o Hong Kong non possono offrire. Ci si può consolare con il fatto che la City resta ancora ciò che di meglio si può trovare in termini di competenze e cosmopolitismo e che è ancora l'unico posto assieme a Wall Street che possiede gli strumenti per realizzare transazioni a livello globale. Ma si sta implacabilmente rimpicciolendo. E per i giovani non potrà più, per alcuni anni, costituire quel polo di attrazione che è stata per un ventennio.