I camionisti inglesi all’esame della Brexit

Di tutto si può dire del Governo Johnson tranne che non ci offra motivo di annoiarci, qui nel Regno Unito. Una delle ultime trovate spettacolari è la scenografia da tempo di guerra che i conservatori sono riusciti a improvvisare nel giro di pochi giorni in tempo di pace. Scaffali vuoti nei supermercati, code ai distributori di benzina e 150 autocisterne dell’esercito pronte a intervenire nel caso ci si avviasse a una situazione di emergenza. Motivo: non un blocco continentale di napoleonica o hitleriana memoria, non una Invincibile Armada che ha sbarrato l’accesso alla Manica ai generi alimentari europei, ma semplicemente una storia di incompetenza che ha portato il Paese in ginocchio per avere esacerbato, invece di risolvere, l’effetto combinato di Covid e Brexit. Questi due fattori, ormai da due anni, erano entrati nei conti del Governo. Come pure avrebbero dovuto entrare i crescenti e significativi ammanchi di personale degli autotrasportatori, che oggi non sono più in grado di garantire gli approvvigionamenti più essenziali. Circa 100mila mancherebbero infatti all’appello per tre motivi combinati: il fatto che il Covid ha congelato gli esami di circa 30mila nuove patenti, il fatto che un terzo dei 300mila autotrasportatori esistenti abbia oltre 55 anni e si avvii alla pensione e il fatto che molti di loro sono/erano europei e, sotto l’effetto della crisi Covid e dell’entrata in vigore di Brexit hanno deciso di rimanere a casa e trovare lavoro sul Continente. Dopo giorni di diniego lo stesso segretario ai Trasporti ha ammesso che la Brexit ” è un fattore ” che influenza la crisi in atto. Pur aggiungendo che, grazie alla Brexit, ora il Governo ha la flessibilità legislativa per fare fronte alle emergenze con maggiore agilità. Peccato che le emergenze se le fabbrichi da solo..

Il Governo Johnson, dopo avere ribadito la linea dura dell’autarchia camionale, ha infatti dovuto finalmente cedere e correre ai ripari, concedendo 5500 visti provvisori ad autotrasportatori europei perché rimpolpino le fila assottigliate dei guidatori locali. Il Governo aveva finora tenuto duro sostenendo che, invece di  fare venire camionisti dell’Europa, era importante formarne in casa per dare lavoro agli inglesi secondo i nuovi dettami del nazional populismo johnsoniano. Lo stesso vale per il settore agricolo, dove sono stati concessi altrettanti visti per i lavoratori europei nel settore del pollame dato che cresce sempre più il rischio di non avere tacchini per Natale. Infine, il Governo si è impegnato affinché le retribuzioni dei camionisti diventino più attraenti. Ora è tutto da provare che la pezza dei 5mila si riveli sufficiente, ammesso che i camionisti europei “convocati”, che guadagnano in più in casa propria, siano già tutti in coda a Calais, pronti a scattare come cagnolini ai comandi di Downing Street. Tanto più che verrebbero poi rimandati a casa prima di Natale con tanti ringraziamenti per l’opera svolta. Per Johnson la retromarcia per quanto venduta all’opinione pubblica come limitata e temporanea, è una cocente sconfitta, che prova i limiti di un approccio ideologico in economia. Il Governo ha infatti dovuto tornare sui propri passi concedendo parzialmente la libera circolazione a 10mila europei dopo avere deciso di lasciare la UE per arginare l’invasione di europei continentali. Inoltre, ha creato un sistema per cui per i lavori non qualificati al di sotto delle 26mila sterline annue avrebbero dovuto essere riempiti da cittadini britannici riqualificati alla bisogna. Al piano alto dei posti qualificati, oltre agli inglesi, la immigrazione era riservata a ai migliori cervelli provenienti da ogni parte del mondo, bramosi secondo i piani del Governo, di partecipare al banchetto della Global Britain. Ciò che si sta rivelando è che gli inglesi autoctoni non mostrano alcuna intenzione di riempire i posti di lavoro non qualificati, che si estendono peraltro al campo di sanità (infermieri) ospitalità, edilizia e commercio al dettaglio, lasciando crateri da riempire. Tanto più il compito è arduo nel campo dei camionisti, in cui si opera in condizioni estremamente impegnative che necessitano particolari qualità, oltre che professionali, di resistenza psicofisica. Una volta ci pensavano gli europei, specie i meno affluenti dell’Est che, ai livelli non qualificati, erano comunque più qualificati e a buon mercato dei loro corrispettivi inglesi. Oggi Jonhson e i suoi colleghi sono costretti a rendersi conto dell’importanza della geografia: in mancanza di inglesi volenterosi e di improbabili innesti peruviani o filippini dagli antipodi, sono guarda caso i lavoratori al di là della Manica l’ovvia risposta alla carenza di organici. Sempre che abbiano voglia di ritornare, dopo essere stati trattati con sufficienza.