Razzismo in Gran Bretagna, più ossessione che realtà?

Quello del razzismo è un campo minato per le società multietniche occidentali. Il tema è tornato di prepotente attualità dopo la morte di George Floyd, il nero americano che è diventato negli USA la vittima simbolo dell’ingiustizia dei bianchi nei confronti delle minoranze, un caso oggetto in questi giorni di un processo nei confronti dei suoi presunti carnefici, operanti nelle forze dell’ordine. Sotto Donald Trump il razzismo, sia sfacciato sia strisciante, ha vissuto una nuova infelice stagione sotto i riflettori, una fase di cui Floyd è stato un triste simbolo. Nel Regno Unito, il Governo Johnson, cosciente della delicatezza dell’argomento, ha cercato di correre ai ripari giocando d’anticipo e ordinando un rapporto per stabilire lo stato delle cose nel Paese e le misure da prendere. La società britannica è infatti certamente la più multietnica e multiculturale d’Europa e inevitabilmente si trova a precorrere i tempi per rapporto ai cugini continentali per interrogarsi su come mantenere la coesione sociale.

Le risultanze del rapporto hanno inevitabilmente creato polemiche, specialmente nel campo delle minoranze, che hanno accusato i relatori di leggerezza e insensibilità. La madre di Stephen Lawrence, un giovane nero ucciso a botte 20 anni fa da un gruppo di razzisti e al centro di un caso che fece grande scalpore, ha dichiarato che il rapporto ha riportato il dibattito sul razzismo indietro di vent’anni. Vari esponenti del mondo accademico lo hanno criticato perché messo assieme alla buona ed alcuni si sono lamentati di essere stati coinvolti o citati senza il loro esplicito consenso. Tra questi Kamaldeep Bhui dell’Università di Oxford secondo cui il rapporto non fa che abbellire e giustificare ex post tesi preesistenti. Il rapporto ha in effetti assolto in buona parte il Governo Johnson e i suoi recenti predecessori sostenendo che, in fondo, la società britannica è quella in cui, nel mondo,  c’è maggiore integrazione delle minoranze. Non ci vuole uno studio specifico per notare a colpo d’occhio che le minoranze nel Paese hanno fatto molta strada, come testimoniano un ministro del Tesoro, Rishi Sunak e  uno degli Interni, Priti Patel, per di più donna, di origine indiana , oltre a un membro della famiglia reale, Meghan Markle, di origine afro-americana. La penultima moglie di Boris Johnson, Marina Wheeler, avvocato di successo, è peraltro di madre indiana.

Lo studio ha cercato di sfatare il mito anti-razzista secondo cui la razza è ancora un handicap insormontabile nella società britannica. Secondo il rapporto infatti la razza non è più una chiave esplicativa come in passato e oggi l’insuccesso di vari elementi della società britannica non è più spiegabile con il colore della pelle ma più con argomenti classici legati alla divisione in classi e ad aspetti culturali e attitudinali. In effetti in vari  casi, come l’educazione, sono i bianchi a registrare le peggiori performance, superati soltanto, in questa corsa verso il peggio, dagli Afro Caraibici. Questi a loro volta hanno una performance molto peggiore dei cugini neri di origine africana che, assieme a indiani, pakistani e bengalesi, hanno  performances spesso migliori degli inglesi bianchi. Gli Afro- caraibici, come etnia di vecchia immigrazione, potrebbero giustificare a loro volta i  ritardi  con il fatto che dopo essere stati oggettivamente discriminati negli anni ’60 hanno elaborato una sorta di rassegnazione sociale verso la mobilità verticale. Lo studio spiega peraltro questo insuccesso con lo sfaldamento del nucleo famigliare indispensabile per guidare i giovani nei primi passi della vita e guidarli verso scuole che daranno loro un vantaggio comparativo nella vita. Anche in questo caso quelli che accusano il peggiore risultato sono gli afro caraibici i quali  registrano la disintegrazione del nucleo famigliare nel 63% dei casi contro una media nazionale del 15%.  Inoltre in proporzione ormai alle università è una maggiore proporzione delle minoranze etniche rispetto ai white British.

E’ un fatto che la vita delle minoranze è molto migliorata in Gran Bretagna e che la realtà si spiega in modo molto più complesso che col razzismo. Ma è anche vero come lamentano i rappresentanti delle minoranze che queste sono ancora oggettivamente discriminate e che rimane un razzismo istituzionalizzato come mostrano i morti nel tragico incendio incendio 3 anni fa del grattacielo popolare Grenfell, la scarsa rappresentazione che hanno ancora i neri nei consigli di amministrazione delle aziende o, per restare nella cronaca del Covid 19, uno sproporzionato numero di decessi dei rappresentanti delle etnie di colore rispetto alla media della popolazione. La verità sta molto probabilmente nel mezzo e si spiega anche con le ondate e la composizione delle differenti immigrazioni sull’isola, che hanno avuto diversi percorsi. Insomma il miglioramento è netto e anni luce avanti a Paesi come l’Italia dove l’immigrazione è più recente e l’integrazione lontana a venire ma è pur anche vero che ancora molto cammino resta da fare, in particolare ai piani alti della società. La novità di questa ricerca è che ai piani bassi è ormai più facile trovare bianchi delle classi sfavorite rispetto a gente di colore. Ma lo studio, promosso da un Governo conservatore di destra, non solo non ha potuto mettere la parola fine a un dibattito che divide il Paese, ma è giunto in un momento poco opportuno e ha avuto l’effetto di alzare la temperatura e alimentare nuove polemiche.