Per Boris una fine dell’inizio sull’otto volante

Con la partenza teatrale di Dominic Cummings, primo consigliere del Primo Ministro e di Lee Cain, capo delle comunicazioni di Downing Street a lui legatissimo, si chiude la prima fase del Governo Johnson, quella che potremmo definire di Boris lo sprinter. Su una cosa infatti nessuno può dissentire: sia Johnson sia Cummings si sono mostrati una coppia di fuoriclasse sul fronte elettorale, con una campagna che ha permesso al premier britannico di vincere con una maggioranza di ben 80 deputati, un margine che non si vedeva da decenni. Chi ha la prestanza fisica del centometrista ha però una conformazione ben diversa da quella del maratoneta.  La spinta propulsiva sfoderata dai reattori al decollo rischiava alla lunga di imballare il motore del Governo britannico. Questo, davanti alla doppia sfida del Covid e della Brexit i cui negoziati hanno i giorni contati, ha un disperato bisogno di trovare un assetto di crociera. Siamo dunque alla fine dell’inizio, ma date le sfide enormi che attendono Johnson, sarà importante evitare che questa fase non diventi l’inizio della fine.

Cummings era diventato troppo ingombrante. La sua agenda di Brexit a muso duro, tanto efficace per raccogliere voti, tradotta in gestione quotidiana aveva portato a un crescente numero di frizioni, con i media innanzitutto, ma sempre di più e più pericolosamente con i parlamentari conservatori, molti dei quali si sentivano esautorati dalle proprie prerogative. I modi spicci e autoritari di Cummings, la sua leggendaria arroganza e la tendenza a tagliare fuori chi riteneva che non contasse gli aveva creato una schiera crescente di nemici. Per non parlare delle tensioni all’interno dello stesso Gabinetto del premier e dei rapporti con gli altri ministeri. La temperatura è salita fino a che il tentativo di Cummings di appoggiare il suo amico Cain per la nomina di Capo Gabinetto non ha dato fuoco alle polveri, facendo deflagrare contrasti non più componibili. La compagna di Johnson, Carrie Symonds, mettendosi di traverso alla nomina di Cain, con l’appoggio di una fazione di consiglieri ha affondato il coltello. Il colpo è stato fatale e ha portato alle dimissioni a catena dei due compari. Cummings, uscito di scena con toni melodrammatici all’imbrunire, tenendo in braccio due scatoloni con i propri effetti personali davanti alla porta di Downing Street, ha fatto sapere che comunque aveva intenzione di lasciare entro fine anno. La rissa cruenta nel cerchio magico di Boris, che sarebbe stata condita con improperi e veleni, non è stata edificante e ha alimentato commenti sarcastici che hanno paragonato lo scontro a una lite da asilo infantile.

Sempre di più si levano infatti voci all’interno dei Tory perché  entrino o tornino in scena personaggi politici di peso  dotati di esperienza che temperino gli entusiasmi giovanili del cerchio del premier. Lo scontro, nel pieno del galoppo dell’epidemia Covid e a poco più di un mese dalla scadenza della Brexit fa venire le vertigini, come viaggiare su un otto volante a un passo dal tuffo verticale. Il Governo ha cercato di sfoggiare calma, facendo intendere che è tutto sotto controllo e siamo davanti a un cambio di passo con l’avvio di una fase due che verrà presto dispiegata con una serie di annunci sostanziali. Come pure viene rilevato che tutto è in ordine con la Brexit, nelle abili mani del capo negoziatore David Frost. Un esercizio peraltro difficile, quest’ultimo, dato l’irrigidimento recente del Governo irlandese il cui ministro degli Esteri, Simon Coveney, ha detto che i giorni sono ormai contati con il rischio di una Brexit brutale senza accordo.

C’è chi ha voluto leggere nella partenza di Cummings, architetto della Brexit pura e dura, l’inizio di un ammorbidimento delle posizioni di Johnson, che dopo aver perso il sostegno di Trump dovrà ora vedersela con il nuovo presidente USA Biden tra l’altro di origine irlandese e critico della Brexit.  Tutto è possibile, anche se a giudicare dagli eventi degli ultimi 4 giorni, ciò a cui abbiamo assistito può essere assimilabile a tutto tranne che a una mossa di strategia programmata da tempo. Ad aggiungere il danno alla beffa è giunto peraltro l’annuncio che il Primo ministro si è dovuto auto-isolare dopo avere incontrato un compagno di partito poi risultato positivo al Covid. Per quanto Boris abbia detto < di scoppiare di anticorpi > di cui è dotato dopo essere stato egli stesso vittima del Covid in primavera, lo scenario del Governo britannico a cui ci troviamo davanti ha lineamenti sempre più frantumati e caotici.

  • Damiano Molino |

    Aspettiamo un aggiornamento al suo libro “La Nuova Londra” post covid, e naturalmente post Brexit!

    Cordialita’
    D.

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