Tra la borsa e la vita scelte difficili per Londra

Difficile guidare un Paese democratico in tempi d’emergenza. Nel caso della pandemia che sta tornando a flagellare l’Europa, gli uomini di scienza stanno suonando campanelli d’allarme da oltre un mese, chiedendo misure più drastiche per il bene della salute pubblica. Ma in democrazia e in tempi di pandemia, specie con un primo doloroso lockdown alle spalle in termini economici, essere lungimiranti è un lusso che si possono concedere soltanto benevoli dittatori.

È un fatto che tutti i Paesi occidentali stanno scontando un ritardo dovuto al timore di andare contro gli interessi del mondo del business, già duramente colpito in primavera, oltre a quello di alimentare crescenti problemi di salute mentale per le fasce più deboli della popolazione. L’esperienza passata insegna che sono stati i Paesi che hanno preso le misure più rapide e drastiche ad avere avuto ragione del virus e quindi a sostenere la ripartenza dell’economia (Cina, Taiwan, Australia, Giappone, Corea e Nuova Zelanda). Chi ha esitato ha dovuto compiere un esercizio equilibristico tra il contenimento dei ricoveri ospedalieri e relativi decessi  e il sostegno all’economia, con effetti ancora tutti da valutare. Il contenimento stop and go del periodo estivo e del primo autunno è stato alimentato dall’illusione che il virus fosse meno letale e che, invece di bloccare la vita sociale a tappeto con un nuovo lockdown, era più consigliabile operare sullo spegnimento selettivo dei focolai, anche perché il virus si sviluppa a ondate e a macchie. Inoltre è stato un lusso che ci si è potuto permettere perché le strutture ospedaliere sono finora state in grado di gestire i flussi di degenza. L’analisi, di per sè giusta, non ha tenuto conto che ciò funziona solo se si conoscono tutti i focolai da spegnere grazie a un sistema di tracciamento preciso che permette di operare chirurgicamente. Questa illusione sta finendo. Come pure le chiusure graduali, con diversi livelli di allerta (1,2,3) all’inglese, stanno mostrando di non funzionare, dato che, come notava ieri un esperto, tenere più lasche le misure in una regione rispetto a un’altra serve solo a dare tempo al virus di accumulare la propria carica altrove, semindando contagi, per poi essere costretti a dare un nuovo giro di vite quando è tardi.

E’ un fatto che siamo ora davanti a un crinale: la prossima settimana segna uno spartiacque, dato che i Governi europei sono chiamati a operare un nuovo drastico giro di vite per stroncare la crescita del morbo. Nel caso bitannico, gli scienziati medici hanno messo in chiaro che se non si fa nulla e non si agisce entro pochi giorni si rischia uno scenario che porti in meno di un mese a picchi da 4mila decessi al giorno rispetto alla cuspide dei mille della scorsa primavera. Si tratta dello scenario da incubo, ma la massima parte dei modelli di previsione, che si basa sulle mezze misure attuali, parla comunque di una media di 2mila decessi. L’ipotesi di un circuit break, un corto circuito di un paio di settimane per ostacolare la crescita del virus, non basta più.

La scienza e la politica sono due mondi distanti. Specie in democrazia, dove si opera in base al consenso. Cinicamente, purtroppo, i governi, timorosi di provocare la rivolta sociale tra negazionisti delle mascherine e categorie colpite economicamente dal virus, hanno atteso finché la crescita esponenziale dei contagi e una nuova ondata di decessi potessero creare le condizioni, dettate da un clima di paura, per rendere accettabile un nuovo lock down.

Nel caso britannico, dove il Governo Johnson si è particolarmente distinto per noncuranza, incompetenza e ritardi durante la prima ondata, malgrado avesse un mese di tempo in più per reagire rispetto al continente europeo, provocando un numero di decessi assai superiore ai pari europei, è tornata l’ora della resa dei conti. I medici hanno già suonato il campanello d’allarme dicendo che sul fronte ospedaliero ci si sta avvicinando al punto di non ritorno, come pure gli insegnanti, che chiedono la chiusura delle strutture scolastiche, specialmente le secondarie. Nord Irlanda, Galles e Scozia hanno già giocato d’anticipo decretando misure assai più restrittive. Ora tocca all’Inghilterra. I contagi hanno superato oggi la barriera del milione con un bilancio di 326 morti che si vanno ad aggiungere ai 46229 registrati fino a venerdi. Travolto dalle circostanze e aiutato da un nuovo clima di paura, Johnson ha dovuto, ironicamente nel giorno degli orrori di Halloween, tratteggiare uno scenario da incubo annunciando misure fortemente restrittive. Non siamo giunti al lockdown totale della scorsa primavera, ma siamo molti vicini, dato che tranne le scuole che resteranno aperte con mille precauzioni e la possibilita’ di andare in ufficio per chi non puo’ proprio farne a meno la massima parte dei negozi dovra’ chiudere come pure tutte le attivita’ sociali verranno fortemente limitate.  Per forza del destino, Johnson si trova ora  nella “fortunata” condizione di non perdere più altro tempo e muoversi per una volta in sincrono col resto d’Europa. Una Brexit pandemica, tutta Made in Britain non è infatti più consigliabile.