La truce maschera del Covid coprirà i danni della Brexit

Per i fautori della Brexit a ogni costo la crisi del Covid si sta rivelando provvidenziale. Tanto peggio tanto meglio è la conclusione. Se, infatti, in condizioni economiche ideali, i danni della Brexit sarebbero stati evidenziati nettamente sull’economia britannica, la mattanza sull’attività economica del Covid oscurerà in massima parte i lati negativi addizionali della Brexit, permettendo al Governo Johnson di scaricare tutte le colpe future sulla pandemia e tirare dritto per la propria strada.

La tesi, espressa dal Financial Times, è effettivamente verosimile. Dopo una contrazione del 20,4% dell’economia britannica in aprile, i peggiori timori stanno prendendo forma e la previsione dell’Office of Budget Responsability (l’ente pubblico a cui sono affidate le valutazioni sulla sostenibilità del bilancio statale), di una contrazione del pil del 13,8% per quest’anno, si fanno sempre più verosimili. A questo punto, la previsione mediana di un pool di economisti citati dal FT, secondo cui, in condizioni normali, l’impatto negativo della Brexit si sarebbe risolto in una contrazione del pil dell’8% nei prossimi 15 anni, rischia di ridursi a un epifenomeno, un’increspatura di onde in un mare in tempesta.

La fortuna di Boris Johnson, o il dramma secondo il punto di vista di altri, di trovarsi un un’epoca di profondi rivolgimenti, gli permette, in virtù di una forte maggioranza in Parlamento, di poter scrivere la propria politica su una pagina bianca. Il crollo addizionale di reputazione che ha subito il Paese negli ultimi mesi a causa di un crescente sfoggio di incompetenza nel fare fronte all’emergenza Covid va paradossalmente nella stessa direzione: dal momento che il Regno Unito ha toccato il fondo nessuno si attende nulla di meglio e difficilmente si potrà stabilire il danno addizionale provocato dalle politiche governative.

Un recente articolo del New York Times sottolineava quanto la Francia di Macron abbia subito una cocente umiliazione dai tedeschi nella gestione del Covid. Un Paese che ha una efficiente burocrazia centralizzata e un ottimo sistema sanitario nazionale ha dovuto registrare, stando alle statistiche più che perfettibili ma indicative della John Hopkins University, un numero di morti più che triplo rispetto alla Germania (9mila di quest’ultima contro i 29mila dei transalpini). Un Paese come il Regno Unito, che vantava di avere un buon sistema sanitario oltre ad avere il vantaggio enorme di muoversi con un mese di ritardo sul resto d’Europa, è riuscito a incassare quasi 42mila vittime (solo in decessi ospedalieri) per una serie di scelte sbagliate, strappando di molte lunghezze il triste primato che aveva stabilito l’Italia, peraltro in condizioni iniziali assai piu’ sfortunate. Non ultima, secondo l’epidemiologo Neil Ferguson, la decisione del Governo di Londra avere deciso il lockdown con una settimana di ritardo, raddoppiando in tal modo il numero dei morti a causa della moltiplicazione del contagio.

Paradossalmente dunque, a chi domandasse se il Governo di Londra abbia deciso di adottare la linea dura nei negoziati Brexit come tattica negoziale, in vista della riapertura delle trattative con Bruxelles la prossima settimana, mi sento serenamente di rispondere che il Governo Johnson è tragicamente serio, perché non ha più nulla da provare e nulla da perdere. La Brexit è un fatto compiuto e nelle attuali condizioni disastrose dell’economia mondiale in generale e britannica in particolare, ha meno importanza sapere rispetto al passato, almeno a breve e medio termine, che forma prenderà.