Con Dominic Cummings cade l’ultimo tabù

Ancora fino a non molto tempo fa, se qualcuno mi avesse chiesto una chiave per definire la differenza tra cultura sociale dell’Italia e quella del Regno Unito avrei detto che il secondo è il Paese delle regole e il primo quello delle eccezioni. Sappiamo come siamo fatti: siamo insofferenti alle leggi e, specialmente nella loro applicazione, le interpretiamo secondo nostra convenienza, convinti di potere coniugare a modo nostro interesse particolare con quello generale. A costo di vivere in una società caotica, che si aggiusta con la prevaricazione, la corruzione, il privilegio e la mancanza di trasparenza. Per i britannici il rispetto delle regole è sacro. Ma lo è in modo peculiare, non come in molti Paesi nordici, tedeschi in testa, in cui regna il divieto, all’insegna del Verbot. Una  società imbrigliata in una camicia di forza, un mondo con un percorso pieno di paletti e di sanzioni di comportamenti sociali. Per i britannici le regole funzionano all’inverso, ossia valgono i principi, pochi, chiari e inviolabili: in altre parole tutto è permesso tranne ciò che è chiaramente vietato. Ciò dà quel senso di maggiore libertà che si respira nel mondo anglosassone, dove il pragmatismo regna e le “piccole” regole possono essere accomodate fintanto che non minano le “grandi” regole di principio. Una società ordinata e funzionante, ma non repressiva.

Questa pandemia pare avere girato tutto sottosopra.  Il mondo ha infatti assistito con ammirazione come il nostro Paese, dopo un primo momento di sbandamento, dovuto anche alla sorpresa di essere stati i primi in Europa a essere colpiti, sia stato sottoposto a un giro di vite marziale per sconfiggere la pandemia. Un lockdown drastico, con drastici controlli, al limite da stato di polizia, a cui gli italiani si sono adattati con sorprendente spirito di sacrificio e senso di responsabilità, mettendo per una volta da parte la furbizia autolesionista e quell’atteggiamento lagnoso che ci sontraddistingue. I britannici, un po’ per la pomposità populista del premier Boris Johnson, che attinge a quello spirito stoico britannico contro le avversità, e un po’  per faciloneria e sottovalutazione dei rischi sanitari (gli Italiani sono molto piu’ ipocondriaci degli inglesi che considerano la salute un fastidio), hanno inizialmente seguito una politica di laissez faire che si è dimostrata esiziale. Pur avendo un mese di ritardo sul resto d’Europa e tutto il tempo per prendere contromisure e limitare i danni, il Governo di Londra ha zigzagato tra teorie di immunità di gregge, sottovalutazioni e superficialità che, applicate a un sistema sanitario fortemente sottoinvestito, hanno moltiplicato le vittime. Primo tra tutti, lo stesso Johnson, che ha pagato con involontaria coerenza in prima persona per la propria faciloneria, finendo per tre giorni all’ospedale in terapia intensiva.

Alla fine, dopo aver capito che non esisteva una Brexit sanitaria, una via britannica più intelligente di quella degli altri Paesi per uscire dalla crisi, anche Londra si è adattata a seguire, in linea di massima, la strategia adottata dagli altri Paesi. Tutti in gabbia e tutti a sacrificarsi, madri singole con vari figli a carico a fare le acrobazie, vecchi chiusi in casa per mesi assistiti da volontari, uffici chiusi, strade vuote, personale sanitario eroico in senso letterale, essendo uno dei peggio equipaggiati d’Europa, costretto a lottare in condizioni estenuanti. La storia la conosciamo, dato che ci ha accomunati un po’ tutti.

La scoperta che Dominic Cummings, consigliere in capo di Boris Johnson, coordinatore strategico della lotta alla pandemia, si sia fatto un baffo delle regole seguite bovinamente da tutti i britannici e si sia fatto un viaggio di andata e ritorno da 830 km da Londra a Durham (con inevitabili soste, anche se taciute) per visitare i propri parenti, oltre a farsi un’altra escursione di un’ora in un sito d’arte, a Barnard Castle, ha mandato in bestia tutti. Nel Paese dei grandi principi inamovibili, il fatto che un potente si sia comportato al di sopra della legge ha provocato un’ondata di indignazione. Tanto più da parte di un Governo pseudo-populista, che si descrive intollerante alle elite e vicino alla gente comune. Cummings lo spietato, colui che aveva darwinianamente appoggiato la teoria dell’immunità di gregge, davanti al manifestarsi da parte della moglie di sintomi simil-Covid, ha perso la testa ed è salito sull’auto per mettere in salvo la famiglia, portandola dai nonni paterni.

Non sto a dilungarmi nei dettagli, ma la decisione di Cummings di tentare di arginare l’indignazione generale con una conferenza stampa (non è mai avvenuto ed è sconsigliato dal codice di comportamento governativo che i consiglieri e funzionari non eletti si rivolgano direttamente al pubblico) ha peggiorato notevolmente la situazione. E tutto ciò alla faccia della presunzione di professionalità del comunicatore in capo del Governo, l’inventore dello slogan Brexit “take back control” (riprendiamoci il controllo). Lo show di Cummings infatti dava segni di dissociazione. L’iniziativa di parlare con il cuore in mano per spiegare alla gente le legittime preoccupazioni di un padre, si è scontrato contro un muro di furore tra la gente comune che, in situazioni ben peggiori, le regole le ha dovute seguire, a costo di non poter dare l’ultimo saluto ai propri cari. E ciò considerando che a Londra Cummings aveva amici e parenti della moglie. Il fatto che la visita al Castello sia stata necessaria per verificare se la sua vista fosse buona  per affrontare il viaggio di ritorno è apparso grottesco, come il fatto poco credibile che durante il viaggio di 12 ore, piu’ scampagnata al castello, si sia mosso in una bolla senza contattare nessuno. Infine, il fatto che Cummings, noto per la leggendaria arroganza, non abbia espresso alcun rimorso, ha certamente peggiorato lo standing del Governo, dando l’impressione di essere distante dalla gente comune. La recitazione della sua difesa in un giardino soleggiato, seduto a un tavolo a  leggere alcuni fogli, alzando raramente lo sguardo verso il pubblico, ha accresciuto l’impressione di un uomo distante e gelido.

La vicenda è andata montando come la panna quando Boris Johnson ha gettato il suo peso sulla bilancia, difendendo a spada tratta il suo braccio destro, trascinando attorno a sè il Governo in coro, con l’eccezione di un sottosegretario agli affari scozzesi, Douglas Ross, che si è dinmesso affermando che alternativamente non avrebbe più avuto il coraggio di rapresentare il suo collegio elettorale. L’indignazione è salita alle stelle e in particolare l’immagine del Governo britannico ha subito un grave danno all’estero. Oltre tsessanta deputati conservatori sono in rivolta contro Cummings e i rappresentanti della Chiesa hanno espresso indignazione davanti alla mancanza di rimorso del consigliere-capo.

Dopo l’intervento di Johnson e l’arrocco del Governo attorno a Cummings, per quanto l’indignazione sia alta, una sua rimozione si presenta difficile, dato che Johnson si è esposto in prima persona. Il premier ha una forte maggioranza di 78 seggi e 4 anni da correre fino alle prossime elezioni e può confidare di far rientrare la vicenda. Da un punto di vista politico questa storia dimostra quanto sia potente un personaggio non eletto al cuore della strategia governativa. E dimostra quanto Johnson dipenda da Cummings, malgrado la sua impopolarità tra i media, compresi quelli di matrice conservatrice come il potente Daily Mail. Pezzi da 90 del Governo, come Dominic Raab, ministro degli Esteri o Michael Gove, una dei maggiori strateghi, hanno suonato lo spartito di Johnson. Il giovane Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere (ministro del Tesoro) e astro nascente del Governo, tanto più non ha interesse a esporsi, dato che deve il posto proprio a Cummings che ha manovrato per fare fuori il precedente ministro Said Javid. Da un punto di vista del rapporto di forze politico dunque pare difficile che davanti al fermo no di Boris le cose cambino. Si rischierebbe un effetto domino. Ma la pressione contro Cummings è fortissima e la situazione potrebbe cambiare rapidamente. La popolarita’ del Governo ha perso nell’ultima settimana 9 punti percentuali a causa della vicenda.

Più in generale non resta che prendere atto che il Paese con la democrazia più antica d’Europa, che ha funzionato seguendo poche chiare ma ferme regole, inizia a dare seri segnali di crisi. Quando i Governanti si mettono al di sopra delle leggi, si scivola verso lidi pericolosi. Per il Paese che, con la Magna Charta, mise per la prima volta un re al di sotto delle leggi, è il crollo di un tabù, specialmente in tempi in cui tutti devono stare uniti per sconfiggere una minaccia universale.  Re Giovanni dovette sottoporsi a leggi più alte di lui. Cummings sta tentando di sfuggire a questa regola scritta 805 anni fa…