Londra, culla del libero mercato o tana di pirati?

L'ultimo colpo di cannone lo ha dato Ben Judah, giornalista del New York Times che, in un durissimo articolo, ha stigmatizzato il terribile decadimento dei costumi della capitale, ormai completamente votata al culto di Mammone e priva di principi morali. Quei principi solidi e non negoziabili che avevano permesso agli inglesi di essere l'ultimo baluardo europeo contro il nazismo. Pietra del contendere, l'ambigua posizione del Governo nel confronto della Russia di Putin. Secondo Judah (vedi il link http://www.nytimes.com/2014/03/08/opinion/londons-laundry-business.html?emc=edit_th_20140308&nl=todaysheadlines&nlid=50637717&_r=1 ) . Motivo? Londra sarebbe ormai alla mercè degli oligarchi russi e dei ricchi di ogni parte del mondo che investono nella capitale e comprano, assieme a immobili e attività, anche l'anima degli inglesi. Secondo Judah, Londra avrebbe tradito gli americani nel braccio di ferro contro Putin pe proteggere gli interessi propri e quindi dei  russi. Peggio: la capitale sarebbe ormai un luogo di mercimoni e riciclaggio di danaro, Eden per i miliardari corrotti che ne hanno snaturato l'anima, invadendo interi quartieri, ormai ridotti a file di palazzine fantasma disabitate, utilizzate soltanto come un investimento in Borsa. Ancora, la stessa Borsa di Londra sarebbe diventata una camera di compensazione per dare onorabilità ad aziende di oligarchi corrotti. Una città con in cima alla scala i plutocrati e in fondo poveri immigrati Est europei ed extracomunitari che lavorano giorno e notte nei cantieri per costruire palazzi per i ricchi. Una città ormai tana di pirati, guidata da gente come l'avventuriero Sir Walter Raleigh che, nel XVI secolo, solcava i mari in cerca di bottino in nome della regina Elisabetta I.

Parole grosse insomma. A cui ha risposto il giornalista Janan Ganesh, editorialista del Financial Times, ricordando che per fortuna Londra è molto di più che il ricettacolo del danaro sporco di un pugno di oligarchi o una tana di ultraricchi, anche se è vero che ne ospita più di ogni altra città al mondo: 4.200 con un capitale superiore ai 18 milioni di sterline (23 milioni di euro, al netto però della prima abitazione). Ghanesh ricorda che Londra ha accresciuto la popolazione tra il 2001 e il 2011 da 7,3 a 8,2 milioni (oggi siamo comodamente a 8,5 milioni) ossia quasi un milione di persone che non testimoniano certo uno spopolamento ma sono venute per svariate ragioni a fare della capitale uno dei centri più dinamici nel mondo. Persone di tutti i ceti sociali.

Premesso che leggo con sempre maggiore soddisfazione articoli e libri su Londra, dato che sono stato uno dei pochissimi nell'ormai lontano 2008 a descrivere il boom della capitale dopo un ventennio di letargo (La Nuova Londra, Capitale del XXI secolo, edito da Garzanti) quando nessuno, neppure inglese, da 15 anni aveva scritto un'opera che cogliesse la grande resurrezione della capitale, non mi sento di dare ragione a nessuno dei due contendenti. Judah nel suo approccio è troppo filoamericana e dimentica peraltro che il grande processo di mercificazione e la fine del Gentlemanly Capitalism come lo ha definito lo scrittore-banchiere Philip Augar (The Death of Gentlemanly Capitalism) è stato dovuto proprio agli americani, che hanno invaso la City ed esportato tramite Londra nel resto dell'Europa la frenesia e i metodi della turbofinanza alimentata da montagne di debito. Quando sono arrivato a Londra, nel 1993, parlare di soldi era una cosa disdicevole. Oggi, totalmente in preda  alla mania di misurazione degli americani, gli inglesi sono stati contagiati e non si legge storia o articolo che non venga condito di prezzi o valori di case, macchine e gioielli delle persone interessate. I principi a cui allude Judah sono molto simili agli interessi americani. E devo dire ancora per esperienza che se c'è un Paese europeo rimasto con dei principi, questo è ancora il Regno Unito.

Quanto a Ganesh, mosso da spirito contro-polemico, ha fatto un elogio eccessivo della capitale, che a mio avviso è certamente uno dei posti piú dinamici ed eccitanti d'Europa, ma anche uno dei più cari e sempre più competitivo e difficile da vivere. Se devo comunque prendere posizione, devo dire che in fondo in fondo mi sento per parteggiare per Ganesh. Judah parte da dati di fatto, ma poi generalizza troppo. Ganesh vede nel dinamismo della capitale solo aspetti positivi. Ma, sul fondo, come dargli torto specialmente se guardiamo le cose dal nostro Paese, imbalsamato e in via di spopolamento?