A Londra fiorisce l’immigrato-imprenditore

La litania contro gli immigrati si risolve solitamente con l'accusa che portano via posti di lavoro alle classi più umili e sono dei parassiti sociali perché ne approfittano della sicurezza sociale dei Paesi ospitanti. Una serie di studi ha smentito recentemente queste accuse. Tempo fa (si veda blog precedenti) è infatti emerso che gli immigrati sono quelli che abusano meno della sicurezza sociale perché in massima parte emigrano perché hanno voglia di lavorare, per cui contribuiscono molto in tasse e prendono pochissimo in assistenza. Una recente accusa secondo cui ogni 100 immigranti extracomunitari 23 inglesi perdono il lavoro (dati 1995-2010)  è stata smontata fino all'irrilevanza statistica escludendo dal periodo i dati relativi al periodo di recessione 2009-10.

Ciò che è ancora più interessante però è il ruolo giocato dai giovani imprenditori immigrati. Non solo non portano via lavoro agli indigeni ma ne creano e vanno quindi visti come una forza positiva. Quanti sono? Tanti, a sentire il think tank Centre for Entrepreneurs (http://www.centreforentrepreneurs.org/) e la società di informazione per il mondo del business DueDil. Secondo costoro circa mezzo milione di immigrati provenienti da 155 Paesi ha stabilito attività imprenditoriali in Gran Bretagna, con una rappresentanza distribuita equamente tra tutti i diversi grupi etnici. Secondo lo studio gli imprenditori immigrati sono i più dinamici di tutti, perché "iperproduttivi" e contributori netti all'economia del Paese. Come sempre, il centro di maggiore attività è Londra, con ben 188mila imprese fondate da immigranti, seguita a gran distanza al secondo posto da Birmingham, con 19mila imprese. E' una buona spiegazione del perchè in questi anni di crisi l'economia della capitale è continuata a crescere in barba al resto del Paese.

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