Chissà se le previsioni del think tank CEBR sul sorpasso della Gran Bretagna sulla Germania nel 2030 non sono un po' troppo azzardate. E' un fatto che i residenti britannici sono in continuo aumento e, ora di allora, se manterranno l'attuale ritmo di crescita, avranno sorpassato sul filo dei 75 milioni una Germania in via di spopolamento. Non ho mai amato le estrapolazioni, dato che si basano su poche variabili iniziali che continuano a moltiplicarsi col passare del tempo, sconfessando le proiezioni di partenza. Ma è un fatto che, previsioni a parte, il mood della capitale è senz'altro improntato a ottimismo, a giudicare dai nuovi grattacieli della City. Come se la capitale dovesse veramente diventare il centro d'Europa. A essere sinceri, le grandi torri che si slanciano verso il cielo sono state peraltro progettate molto tempo fa, all'inizio degli anni '2000, in pieno boom blairiano. Come in tutte le bolle immobiliari, gli edifici vengono costruiti sull'onda di un grande ottimismo e puntualmente sono completati nel bel mezzo di una recessione. E' accaduto al quartiere avveniristico di Canary Wharf che e' rimasto vuoto per tutta la prima meta' degli anni '90 sull'onda della recessione del 1990-92. Sta accadendo ora ai nuovi grattacieli della City che sorgono al costo di circa mezzo miliardo di sterline l'uno (600 milioni di euro) nella speranza di essere riempiti in virtù di una nuova stagione della finanza internazionale. I grattacieli che preannunciavo nel mio libro La Nuova Londra (ed Garzanti) nel 2008 e di cui al tempo non se ne vedeva traccia, sono oggi tutti costruiti e ben visibili: a partire dallo Shard (310m d'alrtezza), passando per la Heron Tower (230m), il Cheesegrater (224m) e il Walkie Talkie (160m), relegato ai disonori della cronaca per avere rovinato auto e moto in parcheggio sotto le sue vetrate convesse che esercitano l'effetto delle lenti di Archimede. Sono tutti grattacieli con un forte carattere, che danno un tono avveniristico alla City e alla prospicente South Bank sulla sponda opposta del Tamigi. I grattacieli sono stati la rispostadella City a Canary Wharf, che negli anni '90 aveva attratto le grandi banche con ampie superfici, adatte alle sale di trading rispetto alle palazzine vittoriane della City. Nell'arco di dieci anni la City ha contrattaccato opponendo i propri grattacieli. Il tempismo non è stato molto felice. Al punto che, per un momento, progetti come il Cheesegrater e il Walkie Talkie, dopo il crack del 2008, hanno esitato a partire mentre il Pinnacle, che con 288 metri d'altezza avrebbe dovuto essere il più altro grattacielo della City, secondo solo ai 310 metri dello Shard di Renzo Piano (il più alto d'Europa occidentale), è rimasto ancora in sala progettazione per tentare di abbattere i costi, con le fondamenta in attesa del fischio di avvio. Alla fine però il Pinnacle si è rivelato un'eccezione, dato che le altre torri sono decollate, accompagnate peraltro da due nuovi edifici un poco più bassi sorti a South Bank: il One Blackfriars noto come il Boomerang (170m) o la Strata Tower (147m) a Southwark. Per non parlare di un'altra fuori programma: il cosiddetto Scalpel da 190m di altezza che si sta preparando ad avviare i lavori a Lime Street, non lontano dal palazzo dei Lloyd's di Londra per essere aperto al pubblico nel 2017. La crisi non pare dunque avere inciso sull'ottimismo di fondo della capitale. Al punto che altri progetti sulla rampa di lancio sulla parte sud a Nine Elms, Waterloo e Elephant and Castle hanno ricevuto un chiaro segnale di avvertimento dall'Unesco, l'organizzazione mondiale dei beni culturali, secondo cui rischierebbero di avere un effetto negaivo sulle vedute di Westminster Abbey e Big Ben. Insomma a Londra l'ascensione verso il cielo pare essere la nuova formula per combattere la recessione. Che ci si trovi di fronte veramente a una nuova stagione di rinnovamento della capitale o alla coda di una bolla i cui eccessi sono ancora pienamente da quantificare è ancora troppo presto e difficile dire. E' un fatto che l'attività prosegue imperterrita sulle ali dell'ottimismo apparentemente inguaribile dei costruttori.
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