La lady di ferro che esplorò la frontiera tra individualismo ed egoismo

E' stata indubbiamente la più grande figura politica britannica della seconda metà del XX secolo e uno dei grandi personaggi politici europei del dopoguerra. A guardare le immagini che scorrono sul video delle foto opportunità in cui importanti uomini politici britannici hanno posato accanto a lei, da John Major, a Tony Blair, passando per Gordon Brown e David Cameron, tutti appaiono, per quanto in diversa misura, dei nani al confronto di Margaret Thatcher.  La Lady di Ferro ha infatti avuto la grande forza di invertire il corso della storia di un Paese che era ormai moribondo, senza energie, in deindustrializzazione verticale, schiavo di un sindacalismo galoppante di matrice trotzkista (altro che i nostri sindacati italiani) che teneva in pugno la cittadinanza con scioperi selvaggi e capillari. Riuscì a ridare energia e orgoglio a una nazione che era diventata il grande malato d'Europa.

Margaret Thatcher ha invertito la rotta di una super petroliera che era diretta contro gli scogli, ha fermato il pendolo, imprimendo una brusca controspinta, della cui inerzia la Gran Bretagna vive di rendita ancor oggi. Ebbe il coraggio leonino di prendere di petto sindacati onnipotenti in una battaglia durata anni (il solo sciopero dei minatori durò oltre un anno), di fare la guerra all'Argentina spedendo una flotta rabberciata agli antipodi per difendere poche centinaia di cittadini inglesi (anglofoni da capo a piedi) nelle sperdute isole Falkland. Riuscì ad avviare un radicale processo di privatizzazioni e liberalizzazioni, dando nuova linfa a scassate industrie di Stato e ponendo le basi di un un mercato del lavoro flessibile e competitivo che venne imitato in varie forme in tutta Europa. Reintrodusse una sana concorrenza che stimolò gli spiriti animali assopiti negli inglesi. Insomma, come ha detto il suo successore, John Major, "fu una vera forza della natura".

Ebbi la fortuna di intervistarla alla fine del 1992, quando non era più Primo ministro da due anni. Il tema era quello delle privatizzazioni, materia in cui Londra avrebbe poi fatto scuola in mezzo mondo. Rimasi impressionato dalla perentorietà delle sue affermazioni, ispirate dalla fede nel mercato e nella concorrenza. Lo sguardo fisso e penetrante, ipnotico, quasi posseduto, il sentenziare che non ammetteva repliche mi eran parsi al limite dell'autismo. La sua sicurezza granitica, il suo tirare dritto senza esitazioni, mi convinsero di essere di fronte a una pila atomica, a una forza irresistibile che non ammetteva l'esistenza di ostacoli. Fu un panzer, uno schiacciasassi che dava poco spazio alla dialettica. Non a caso finì vittima di una lotta intestina di partito che ormai la sopportava a fatica.

Le sue certezze portarono a grandi distruzioni, laddove si finiva nell'occhio del ciclone del suo rinnovamento, come accadde alla vecchia industria britannica. Crearono forti divisioni tra coloro che la adoravano e coloro che la odiavano. Molti di questi ultimi, alla notizia del suo decesso, hanno festeggiato. Segno che un Paese che venne diviso dalla sua azione politiche mostra ancora ferite che non riesce a rimairginare.

Non ebbe la fortuna di godere dei risultati delle riforme radicali che aveva avviato. Durante la sua era l'economia si mosse a sobbalzi e quando se ne andò, lasciò il Paese nel bel mezzo di una dura recessione. L'altra metà delle privatizzazioni venne portata a termine da John Major, sotto cui l'economia britannica iniziò a fiorire e, paradossalmente, dallo stesso Blair, che presiedette a una vera età dell'oro. Blair, per quanto laburista,  mantenne la flessibilità del mercato del lavoro a testimonianza della bontà dell'impostazione data dalla Thatcher.

Nella visione thatcheriana c'erano però i semi di quelli che si rivelarono i limiti del liberismo. Il sano individualismo anglosassone su cui fece leva la Lady di Ferro, il concetto di self reliance, l'autosufficienza, tanto osannata da uno dei padri della cultura capitalista, lo scrittore Daniel Defoe nel famoso Robinson Crusoe, iniziarono a inquinare il tessuto sociale inglese di egoismo. Presero sempre più piede grettezza, avidità, tornaconto personale, megalomania, come riferiscono oggi le cronache giudiziarie degli eccessi della City degli anni della bolla finanziaria. Il buon sceriffo Gary Cooper, il cavaliere solitario che in Mezzogiorno di Fuoco si mette a servizio di una comunità, liberandola da prepotenti banditi , ossia l'individualista con coscienza sociale, cedette la strada al bruto edonista, assorbito nel proprio lifestyle, intento a contare il proprio successo al totalizzatore. Una categoria di persone ossessionata a misurare le proprie performance fino al paradosso di perire nella dismisura, annegando in una finanza fuori controllo.

Illuminante fu per me la frase della Thatcher sulla politica: "There is no such thing as society" non esiste una cosa chiamata società, esistono solo degli individui che si associano. Credo che questa convinzione granitica portasse in grembo una tara fondamentale che avrebbe rivelato in futuro in tutti i suoi limiti. Homo homini lupus, diceva una altro pensatore britannico, Thomas Hobbes. Senza un minimo di solidarietà e senso della comunità la vita associata diventa una giungla dove vincono i più forti. Non a caso 30 anni dopo The Economist, tempio del pensiero economico liberale, ha dedicato una copertina al modello scandinavo. Tutto sommato, si sono detti i giornalisti del settimanale nato nel culto del mercato, la via di mezzo è forse la miglior strada. Per arrivarci a volte servono però forti scosse. E la Thatcher passerà alla storia per essere riuscita a sottoporre il Paese a una terapia d'urto che ai tempi si era resa necessaria. 

 

 

 

  • PB |

    Tralasciando le disarmanti sciocchezze economiche degne del “manifesto”, il “buon sceriffo Gary Cooper” scappa per tre quarti del film e alla fine è salvato dalla moglie quacchera. Il riferimento corretto andrebbe invece allo sceriffo John T. Chance di “Rio Bravo” (1959): Howard Hawks e John Wayne lo concepirono proprio in antitesi a “Mezzogiorno di fuoco”.

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