La tortura dell’acqua sulle economie europee

Il tipo di tortura è vecchio come il mondo: si immerge in un secchio d'acqua il capo della vittima fino a quando questa entra in un'apnea insostenibile e, quando sta per cedere, la si acciuffa fuori dal catino concedendole una boccata d'aria. Non appena il malcapitato riprende a respirare, lo si ributta a capofitto sott'acqua. Gli americani, tra mille polemiche, l'hanno usata in Iraq e Afghanistan con il nome di waterboarding. Terribile ma non cruenta. Per questo motivo ambigua e goffamente giustificata dagli esecutori, perchè, teoricamente, non mortale. Ma l'aspetto peggiore di questa tortura non sta tanto nella sofferenza fisica immediata, quanto nel risvolto psicologico, dato che la vittima non sa quanto puo' durare ed entra quindi in uno stato d'ansia incontrollato.  E' l'immagine che mi viene a mente, pensando a questa vecchia Europa che passa da una recessione all'altra senza vederne la fine. Nel 2008-9 il crack finanziario fu durissimo, ma per certi versi eccitante: fu come precipitare con l'ottovolante, con la consapevolezza che, prima o poi, si sarebbe risaliti di scatto e ripartiti, come era accaduto in passato. Il 2010, in questo senso, pareva uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. Poi è arrivata la crisi del 2011. Ora, dopo un nuovo impatto con la recessione per Paesi come Italia, Gran Bretagna, Grecia, Portogallo e Spagna, iniziamo a dubitare come ne usciremo, dato che si ha l'impressione che l'eccesso di misure di austerità rischiano di lasciarci sott'acqua per un tempo indefinito. Il saggio fatalismo che ci aveva accompagnato nei primi tre anni sta ora cedendo terreno a una forma di smarrimento che, per molti, inizia ad assumere le tinte della disperazione. Nessuno, da un paio di generazioni, si è mai trovato in condizioni peggiori. E nessuno sa come da questa crisi usciremo. Molti iniziano a innervosirsi, coscienti che le pensioni non basteranno e potrebbero venire ridimensionate, mentre i giovani continuano a non trovare lavoro. Chi vive del proprio capitale lo vede assottigliare inesorabilmente. Attorno, un bailamme di annunci e interpretazioni, tutte ipotetiche, su come potremmo uscire dalla peggiore recessione del dopoguerra. Molti temono che il peggio debba ancora venire, con un aumento della protesta sociale. Ed è in queste situazioni che trovano spazio demagoghi e populisti come accadde con Mussolini e Hitler tra le due Guerre. Sciamani che raccolgono la frustrazione della gente e la montano in rabbia quando la pacatezza della ragione non pare dare piú sostegno. Per ora non ce ne sono molti all'orizzonte ma e' un fatto che ovunque la politica e' entrata in fibrillazione. A Londra il Governo Cameron gira in tondo, ormai chiaramente incapace di dare soluzioni se non tagliare e tagliare per rimettere i conti in ordine. La campagna  per le elezioni del sindaco che avranno luogo giovedì, malgrado due personaggi pittoreschi come Ken Livingstone e Boris Johnson , si sta svolgendo nel vuoto di idee. I media parlano di esteri, cronaca nera e curiosità di ogni genere per distrarre la gente. Inerzialmente continua la lamentela contro i bonus eccessivi della City, ma alla rabbia acuta degli anni passati si è sostituita unsordo rancore. I giovani, che fino all'inizio dell'anno scorso, trovavano lavoro facilmente, si iniziano a rendere conto che la loro generazione è condannata ad aspettare pazientemente prima di trovare un decente avvio nella vita. La crescente disoccupazione giovanile, anche in Gran Bretagna, dove ha raggiunto il 20% è la vera piaga di questi anni. Il debito ha divorato il futuro delle nuove generazioni. Ma lo ha divorato anche ai genitori "cicale" ora condannati a una vecchiaia assai modesta. Solo una speranza resta: la ripresa. La parola crescita rimbomba sempre piú come un'invocazione piuttosto che una constatazione. I Governi possono tagliare la spesa e tassare ma non creare la crescita per decreto. Quella tocca alla buona volontà e all'iniziativa della gente. Ma, dopo una serie di waterboarding estenuanti, si fatica a ritrovare il fiato.