La domanda è pertinente laddove mette in luce il modo di comunicare nel nuovo millennio. Capitale Europea dei media, Londra, ha una quantità enorme di giornalisti. L'intera Gran Bretagna, come argutamente mi raccontava il collega del Financial Times, Peter Norman, uno dei migliori giornalisti finanziari degli anni '90, è "over-reported". In altre parole, una gran quantità di giornalisti, famelici e professionali, in mancanza di notizie degne di nota, pompa quelle mediocri che passa il convento. Abili a prendere fotografie, muniti di archivi storici statistici e di un ottimo servizio metereologico e bravi a confezionare le storie le più disparate e curiose, sparate a martello dai notiziari 24 ore su 24, gli inglesi da giorni stanno intrattenendo il pubblico con le amenità della neve e derivati creando una specie di psicosi da Klondyke, la gelida provincia dell'Alaska. Per carità, nessuno racconta palle, ma il solo fatto di puntare il riflettore su una situazione che non satrebbe degna di nota nel resto d'Europa la rende curiosa e anomala. Certo, va ricordato che a Londra, in particolare, causa la corrente del Golfo, il clima d'inverno è assai mite e, mediamente, in quanto a temperature, più simile a Roma che a Milano. Nevica rarissimamente e rarissimamente la temperatura va sotto lo zero. Così quando arriva una serie di giorni fredda come questa è ovvio che i giornalisti famelici le saltino addosso. Ciò che fa specie, a causa dell'effetto gregge, è che tutti ci caschino e amplifichino nel mondo l'inverno inglese come fosse un'emergenza polare mondiale. Per una volta un poco di sfottò farebbe bene: un Paese dove quasi nessuno ha catene o gomme da neve, dove pochissimi sanno guidare sulla neve, dove i vagoni del metrò londinese, che già slittano sulle foglie autunnali cadute sui binari, si arenano quando i segnali del vetusto underground ghiacciano. E dove andare in giro in auto, anche su strade semivuote, diventa un'impresa. Spesso un'impresa ridicola e a volte anche un po' patetica.