2008, stranieri in fuga da Londra?

La fortuna di Londra negli ultimi 20 anni è stata costruita su un’immigrazione di massa di affluenti professionisti europei, americani e asiatici che hanno messo le ali alla City. Costoro hanno goduto di un trattamento fiscale privilegiato. Ora il Governo inglese ha deciso di imprimere un giro di vite. E tra gli stranieri inizia a serpeggiare un forte malumore e c’è già chi parla di andarsene…

Tutto ha origine in settembre quando i conservatori, messi con le spalle al muro nei sondaggi, hanno estratto una serie di idee dal cappello, quale quella di tassare seriamente i ricchi stranieri per aumentare vle entrate fiscali. L’idea non poteva non essere raccolta dal Governmo laburista di Brown che si è sentito scavalcare a sinistra. Finora gli stranieri che chiedevano lo statuto di residents non domiciled (sono circa 200mila) ossia in una situazione di limbo di residente "part-time" pagavano le tasse solo sui redditi prodotti in Gran Bretagna e non su quelli all’estero, compresa la patria d’origine. Dopo 16 anni di soggiorno, se volevano rimanere, dovevano naturalizzarsi. Ora la proposta avanzata in novembre dal cancelliere dello Scacchiere (ministro dell’Economia) Alastair Darling, prevede che dopo 7 anni uno straniero faccia una dichiarazione globale come ogni inglese o paghi, in alternativa, per mantenere lo status di non domiciled 30 mila sterline l’anno in più. Che diverrebbero 50mila dopo 10 anni di soggiorno per evitqre che il fisco inglese metta il naso negli interessi all’estero. La proposta, che non cambia di uno iota la condizione dei teramiliardari alla Abramovich, per cui un obolo di 30mila sterline è una buona scusa per mettersi d’accordo con la coscienza e un piccolo ticket per tenere lontano il fisco, potrebbe creare problemi a professionisti come medici, accademici, esperti d’arte, finanzieri e legali che guadagnano meno di 100-150mila sterline l’anno. Costoro, oltre a pagare un’aliquota del 37-8%, dovrebbero appunto pagare una gabella in più che diverrebbe insostenibile e li costringerebbe ad andarsene nel caso non volessero fare una dichiarazione "inglese". La proposta del Governo non è definita ancora dato che entrerà in forza il 5 aprile e verrà dettagliata nel budget di marzo ed è ancora oggetto di consultazioni tra Governo e revisori-commercialisti, ma sta creando crescente disagio e critiche sia da parte della Cbi, la confindustria inglese, sia dei rappresentanti della City, che da due mesi stanno mettendo in guardia Brown dall’assassinare la gallina dalle uova d’oro proprio nel momento in cui l’economia britannica è destinata a rallentare, dimezzando la crescita dal 3% del 2007 a meno del 2% previsto quest’anno. Peraltro ci risulta che vari individui e società (nel caso degli hedge fund spesso le identità coincidono) stanno contattando le autorità svizzere per capire meglio quale regime fiscale potrebbe loro applicarsi nell’eventualità di un trasferimento da Londra. Se Brown, che ha già causato un’ondata di proteste aumentando la tassa sui capital gain dal 10 al 18%, riuscisse a rovinare anche il miracolo economico sostenuto dagli stranieri non avrà più scuse davanti a chi lo critica di continuare a fare una serie di scelte sbagliate.