C’è voluto un anno, ma alla fine Boris Johnson pare avere finalmente imboccato la strada giusta, quella che fa i conti con la realtà delle cose. Il cammino è stato tortuoso, costellato da esitazioni e fatali ritardi, ma dopo una serie di forti sussulti e pesanti scossoni, il battello del Regno Unito pare incamminato sul sentiero virtuoso che lo porterà fuori dalla buia selva del Covid. Dopo avere minimizzato inizialmente l’epidemia, pagandone personalmente il prezzo con il ricovero all’ospedale, dopo avere ritardato di un mese le chiusure durante la prima ondata e dopo avere iniziato a ripetere l’errore nella seconda ondata iniziata in ottobre/ novembre, Johnson ha finalmente deciso di dare un colpo di reni e mettere mano ai freni, affrontando la destra del partito e imponendo un severo lockdown e una finanziaria che inevitabilmente dovrà aumentare le tasse per rientrare da un debito gigantesco.
La conversione è venuta all’inizio del 2021, segnatamente il 4 gennaio quando, nuovamente con colpevole ritardo come nella prima fase, di fronte a un’impennata di contagi seguita alle festività natalizie, il Governo è stato costretto a correre ai ripari decretando un nuovo lockdown totale di due mesi. La frittata ormai era fatta, tanto più che la chiusura goffamente è avvenuta un solo giorno dopo la riapertura delle scuole, quanto è bastato a mescolare alcuni milioni di bambini giunti infetti dalle vacanze per poi rispedirli a casa il giorno successivo a contagiare le rispettive famiglie. Così la Gran Bretagna, che era stata nuovamente raggiunta dall’Italia, vittima di un’ecatombe dicembre, si è messa a innestare le marce alte distanziando nel giro di un mese il Bel Paese con un vantaggio di 26mila morti, per ora non ridotto. A soccorrere Boris, per fortuna, è intervenuta una intelligente strategia di vaccini e di lockdown, grazie a consiglieri sanitari e scientifici di valore. Questi hanno spinto il Governo a prendere la linea dura nel lockdown, domando così finalmente la destra del partito che, in nome del business e delle libertà individuali, rischiava di provocare un’ecatombe. Il problema infatti era che, verso fine gennaio, gli ospedali britannici traboccavano di pazienti con Covid. Questi, oltre a rischiare la morte per il virus, moltiplicavano i danni impedendo il ricovero di altri pazienti malati, con il rinvio di oltre 4 milioni di interventi programmati.
Dopo la tragica esperienza di gennaio, resa ancor più esiziale dall’insorgere della famosa variante inglese del virus, la situazione ha iniziato a cambiare in modo virtuoso. Grazie alle capacità logistiche del NHS e a un rigore che non si vedeva da mesi, il Governo ha presieduto a uno sforzo eccezionale di vaccinazione, puntando tutto sulla esecuzione di massa della prima dose, sufficiente ad arginare gli aspetti acuti della malattia e dunque i ricoveri. A oggi, i britannici vaccinati sfiorano i 20 milioni, pari a quasi il 30%, la proporzione più elevata al mondo, dopo Israele ed Emirati Arabi. Il lockdown, da parte sua, ha iniziato a funzionare, accelerando il declino dei contagi a partire da metà febbraio. Malgrado le pressioni della destra del partito e dei negazionisti di turno, Boris ha tenuto duro, annunciando un primo piccolo allentamento soltanto l’8 marzo, con il ritorno a scuola nelle primarie e poi una prudente tabella di riaperture scaglionate che dovrebbe chiudere la fase di rigore il 17 maggio con la ripresa parziale del traffico aereo. Cosciente che un terzo, se non quarto, lockdown sarebbe psicologicamente devastante per la popolazione, Boris ha preferito mollare il freno lentamente, piuttosto che mollare il comando salvo poi doverlo nuovamente tirare bruscamente.
Infine, sempre ispirato da un ritrovato senso di realtà, il Governo si prepara a varare tra pochi giorni un budget che, inevitabilmente, con tutti gli accorgimenti del caso, dato che proseguiranno nel breve sussidi e sovvenzioni alle imprese ed esercizi commerciali, porterà a un aumento delle imposte per rientrare dalla montagna di debiti contratti per sostenere la popolazione in questa fase acuta della crisi. Sono previsti aumenti delle tasse sui capital gains e sui profitti delle imprese, con l’aliquota destinata a salire dall’attuale 19% probabilmente al 25%. La destra dei Tory ha già dato segni di impazienza, con vari deputati che minacciano di votare contro. Boris però pare deciso a gettare i panni del piacione con il pubblico e amico della destra tory. Il capogruppo parlamentare del partito di Governo ha già fatto capire che chi voterà contro la prossima finanziaria può essere sospeso dal partito. C’è voluto un anno ma, finalmente, Johnson pare deciso a muoversi in base all’interesse nazionale e non alle richieste di una fazione ideologizzata e lontana dalla realtà con richieste di ulteriori tagli alle tasse che, invece di incentivare le imprese, rischiano di portare la montagna di debiti del Paese a un’altezza siderale.