La prova generale della singaporizzazione di Londra post-Brexit è cominciata. Anzi, è in pieno sviluppo. Il risultato finale è tutto da provare, ma nel frattempo, sul fronte immobiliare, gli effetti si vedono già in modo macroscopico. Non c’è infatti bisogno di avere una grande conoscenza della capitale britannica per capire che il centro della città che tutti conoscevamo è stato profondamente sfregiato. Una grande attività ferve, soprattutto nel settore residenziale, il cui mercato, paradossalmente, è paralizzato, con pochissime transazioni, proprio per le incertezze della Brexit. Ma l’immobiliare si muove con tempi lunghi e la fase della costruzione è sempre con alcuni anni di ritardo sulla fase della progettazione. La destra conservatrice ha ripetuto più volte che le virtù taumaturgiche della Brexit attrarranno gente da tutto il mondo, rendendo la capitale un vero polo globale. A giudicare dal fermento edilizio, pare che una mano invisibile abbia deciso di trasformare la città e prepararla per i nuovi arrivi di ricconi da tutto il mondo, dato che non saranno ovviamente gli immigrati poveri ad abitare in edifici lussuosi.
L’area che sta subendo il mutamento più profondo è quella attorno alla stazione di Victoria. Ciò che è stato risparmiato dalla tedesca Luftwaffe durante il Blitz non è sfuggito alle brame dei developer, come vengono qui chiamati quelli che in Italia, un po’ volgarmente, sono etichettati come palazzinari. Ebbene, praticamente poco o nulla degli edifici passati è rimasto in piedi attorno alla celebre stazione, se non una ridotta di palazzine rosso mattone tardo vittoriane attorno alla cattedrale cattolica di Westminster. Il lato Nord Ovest di Victoria Street che porta dalla stazione a Westminster Abbey ha gia’ cambiato faccia da un quinquennio con nuovi stabili in acciaio e cristallo che si sviluppano attorno a Cardinal Place. Un nome che data la quantità di acciai e cristalli, bar negozi e uffici pare uno sberleffo secolarista allo spirito dell’antistante cattedrale cattolica circondata di eleganti palazzine vittoriane. Lato Sud e Ovest della stessa via dopo lo scavo di enormi voragini iniziano a fare capolino nuove costruzioni. Poco sopra a Nord, verso Grosvenor Place, un intero quartiere è stato abbattuto per fare spazio a un mega hotel della catena Peninsula. A Mayfair in Grosvenor Square il lavoro ferve per ristrutturare completamente l’ex ambasciata USA un orrendo palazzone in cemento bianco dallo stile più simile a un bunker militare che un edificio civile. Antistante nella stessa piazza accanto all’ambasciata d’Italia un angolo intero è stato abbattuto per fare spazio a un nuovo edificio. Imboccando la strada a Ovest lungo Knightsbridge fino a raggiungere l’angolo con Kensington Church Street, poco sopra l’imbocco dell’omonima strada salendo sulla destra, un blocco di un ettaro inclusa una precedente piazzetta è stato raso al suolo per fare spazio a nuovi edifici. Vicino alla stazione di Paddingon è sorto un grattacielo che soltanto una rivolta del vicinato è riuscito a contenere in altezza, riducendolo dai 72 piani di un progetto iniziale di Renzo Piano ai 20 piani che lo hanno successivamente sostituito, per mantenere un minimo di armonia con la struttura bassa del limitrofo Paddington Basin e del villaggio di Notting Hill. A Holland Park, sulla deliziosa collina di Campden Hill, dove aveva casa il commediografo Harold Pinter, un altro blocco residenziale ha tolto buona parte della vista alle casette sulla collina. A Notting Hill Gate, agli angoli con Pembridge Road e Kensington Church Street, due crateri daranno vita a nuove costruzioni tra cui, all’angolo con Ken Church Street, un nuovo grattacielo di pessimo gusto, Newcombe House, che sostituirà l’orrido scatolone esistente degli anni ’60 con uno ancora più alto. Se c’era da fare una cosa a Notting Hill era abbattere i terribili grattacieli esistenti, ma non metterne di nuovi in simil-marmo o granito che continuano a perpetrare la ferita in una zona che ha il proprio carattere in un villaggio a bassa elevazione. A Queensway, il quasi bicentenario Whiteleys, il più antico centro commerciale del mondo, una bella palazzina bianca con una fila di colonnati dal richiamo neoclassico costruita nel 1889, è stato ingabbiato in una struttura di ferro in vista di una ristrutturazione totale. Qui mi fermo, dato che ho descritto solo una frazione di quanto sta accadendo, limitandomi a un raggio di pochi chilometri da dove abito. E taccio le infinite ristrutturazioni di case che in tutto il centro di Lomdra, complici oligarchi o sceicchi o milionari vengono ristrutturate con lo scavo di un paio di piani sotterranei per fare spazio a palestre, piscine o taverne.
Certo, Londra non è Roma, né Firenze o tantomeno Venezia e, al di fuori dei grandi monumenti riconoscibili o di alcuni quartieri eleganti come Mayfair o Belgravia, con una forte unità di stile, per il resto ha poco da difendere in termini di opere d’arte. Ma ha tante vecchie costruzioni di carattere come tante città europee. Londra ha peraltro un proprio stile, assai unico, che si identifica con una città-villaggio, fatta di casette a bassa elevazione che permettono un orizzonte ampio, un cielo che scende fino in basso ed è l’opposto della buia Manhattan, dove la luce filtra tra una jungla di grattacieli. Fino a una ventina di anni, fa i grattacieli si contavano a Londra sulle dita di due mani ed erano quasi tutti nella City. Oggi, tra edifici realizzati e in costruzione, siamo vicini a quota 500. Inizialmente i grattacieli della City avevano una logica, perché i vecchi edifici vittoriani che ospitavano piccole finanziarie o case di brokeraggio hanno dovuto cedere il passo alle trading room delle grandi banche di tutto il mondo, che hanno voluto una base nella capitale finanziaria del pianeta. A causa dei costi dei terreni, era inevitabile che si costruisse in verticale. Lentamente, i grattacieli si sono però spostati a Ovest e oggi sorgono come funghi dappertutto. Una bella gabbia di acciaio ricoperta di vetro e il gioco è fatto. Il nuovo standard architettonico di rapida esecuzione sta macchiando e sfregiando interi quartieri che avevano un loro carattere specifico, normalizzandoli con cubi di metallo-cristallo, spesso con fogge di pessimo gusto. In particolare, i grattacieli residenziali sono, a mio avviso, i peggiori. Tolgono la “densità esistenziale” creatasi con il popolamento a sedimenti di un quartiere, che brulica di tante piccole vite e attività commerciali sviluppate pazientemente negli anni e lo sostituiscono con una struttura elefantiaca, alla cui base vengono immessi in pochi mesi pochi anonimi negozi, spesso l’ennesima succursale di una catena che si trova uguale, ovunque, altrove. I centri residenziali, a vedere le locandine pubblicitarie online, tendono tutti al modello Hilton-Sheraton, come se il sogno di ognuno fosse quello di andare a vivere in un appartamento che replica la struttura di una suite di un albergo di lusso. Un lusso deprimente e senza fantasia.
L’impressione che si trae è che Londra si stia mangiando l’anima, divorata dalla bramosia di accomodare quanti più ricchi possibile da ogni parte del mondo. Mentre in Italia nelle nostre città cerchiamo di ridare vita a ciò che è vecchio, rimodernando e lavorando di cesello, nella massima parte dei casi a Londra, la fretta della speculazione porta ad abbattere interi blocchi se non quartieri e costruire rapidamente da zero strutture anonime standardizzate, che distruggono la varietà sociale. Alla faccia del popolo e del populismo, sembra che lo spirito della Brexit che vuole scaricare gli europei per sostituirli con immigrati (preferibilmente ricchi) dal resto del mondo, si sia appunto sfogato in un progetto che inconsciamente punti a creare una Dubai sul Tamigi. Ciò che per le ricche città degli Emirati era una necessità, ossia costruire da zero sulla sabbia nel tempo più breve possibile un centro attraente, con palazzi ultramoderni riempiti rapidamente da catene anonime e griffe scintillanti, a Londra questo approccio frenetico diventa un fattore di regresso. Gli inglesi stanno infatti costruendo una città aliena da se stessi, con un centro che rischia di diventare algido, fatto di stabili moderni senza gusto e semideserti, comprati per investimento speculativo da ricchi stranieri che li abitano pochi giorni l’anno. Da un centro vario e ricco di umanità a una specie di gigantesco residence per visitatori affrettati e distratti. La Brexit voluta dalla destra dei conservatori, che di conservare non pare proprio avere alcuna intenzione, non pare quella che punta a fare gli interessi del popolo. Certamente non quello dei 77 poveretti arsi vivi nel grattacielo popolare Grenfell, che è andato a fuoco come un cerino per risparmiare sui materiali di ristrutturazione della facciata.