Ricordate il famoso slogan elettorale dei leavers, ossia coloro che facevano campagna per uscire dalla UE? Il loro cavallo di battaglia era un bus rosso fuoco su cui era scritto che se Londra avesse lasciato la UE avrebbe risparmiato 350 milioni di sterline la settimana che avrebbero potuto essere dirottate sul NHS, il sistema sanitario nazionale. Secondo molti fu una trovata riuscitissima, che convinse molti inglesi a votare per la Brexit. Ironia della sorte vuole che oggi la Brexit sta colpendo duramente proprio l’adorato sistema sanitario nazionale. Uno dei motivi è il fatto che gli europei, che danno un forte contributo alla forza lavoro del NHS, hanno ridotto gli arrivi nel Regno Unito e una parte di chi lavora per il NHS sta considerando di andarsene.
L’ente regolatore del settore, il General Medical Council, ha lanciato ieri un grido di allarme dicendo che < il personale sanitario sta raggiungendo il punto di rottura >. Il motivo è semplice: i laureati britannici non riescono a stare dietro alla domanda e il sistema dipende troppo dagli stranieri, di cui buona parte sono europei. Del totale mastodontico di 1,2 milioni di dipendenti del NHS il 5% sono europei (pari a 55mila), una proporzione che sale al 10% nel caso dei medici. Il sistema è in crisi a causa del crescente invecchiamento della popolazione, del tetto posto dai Governi conservatori ai salari degli infermieri (solo recentemente allentato) che ha scoraggiato molti dal cercare assunzione, di una scarsa offerta di medici che crescono del 2% l’anno mentre le accettazioni di pazienti crescono a doppia cifra. Il sistema che non riesce a generare personale britannico sufficiente dipende fortemente da medici e infermieri stranieri che mediamente pesano per il 40% del personale sanitario. Il problema della scarsa qualificazione dei britannici si replica in altre professioni, fortunatamente di importanza meno cruciale.
La Brexit sta mettendo a nudo il problema della scarsa qualificazione dei cittadini britannici che necessitano anni per essere formati per svolgere lavori qualificati. Finora il vuoto veniva riempito dagli stranieri, ma ora che la Brexit sta riducendo la presenza degli stranieri i problemi iniziano a emergere in tutta la loro gravità. Il problema non vale solo per i posti ad alta qualificazione. L’estate scorsa, per mancanza di personale agricolo (in buona parte Est europeo) e per il rifiuto dei britannici di riempire i posti mancanti, alcuni raccolti sono andati distrutti. E ciò in un momento in cui il Regno Unito dovrebbe diventare più indipendente nella produzione agricola per fare fronte al rincaro dei beni importati causati dal calo della sterlina. Sono avvisaglie, scricchiolii di un edificio che poggiava le proprie fondamenta sul contributo degli stranieri in tantissimi settori dell’economia. A mano a mano che i puntelli partono l’edificio si mette a vacillare.