Nonostante la Brexit, i segnali di intolleranza nei confronti dei lavoratori UE e l’incertezza sul futuro di quelli che da tempo hanno stabilito la loro residenza sul suolo britannico, i cittadini europei hanno continuato a sciamare imperterriti alla volta del Regno Unito, toccando livelli record. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica britannico (ONS) l’immigrazione netta nel Paese (immigrati meno emigrati) ha toccato nei 12 mesi conclusi a fine giugno quota 335mila, a un soffio dal massimo di 336mila raggiunto a cavallo tra fine 2014 e inizio 2015. Il totale degli immigrati (comunitari e extracomunitari) ha raggiunto nel periodo quota 650mila (315mila gli emigrati) anch’esso un livello record. Del totale ben 284mila (quasi la metà) sono stati gli europei (massimo assoluto) con un saldo al netto degli emigrati di 189mila (anch’esso massimo storico e oltre la metà del totale).
Va subito detto che i dati non prendono pienamente in considerazione gli effetti della Brexit (votata il 23 giugno) e che, probabilmente, davanti al rischio di un risultato negativo del referendum, molti europei hanno giocato l’ultima carta per stabilirsi in UK. Inoltre, fino a che il Regno Unito non formalizzerà la Brexit, alla fine dei negoziati che la porteranno al di fuori della UE, continuano a restare in vigore le leggi comunitarie sulla libera circolazione delle persone. E’ comunque un fatto che per il premier Theresa May la situazione è particolarmente imbarazzante, dato che i record storici di immigrazione sono stati stabiliti sotto la diretta sua vigilanza, in veste di ministro degli Interni del Governo Cameron. Sarà interessante vedere se si è registrato un declino, seppur lieve, nei mesi successivi, ma i flussi paiono talmente robusti da suggerire che il calo si dimostrerà risibile. Molti immigrati hanno continuato a provenire dall’Europa dell’Est (il record lo hanno stabilito i romeni con 54mila arrivi, seguiti da 38mila polacchi), con un forte flusso di extracomunitari cinesi (44mila) e indiani (36mila).
I dati sono giunti in un momento di particolare incertezza sulla condizione dei 4,8 milioni di cittadini europei residenti in Gran Bretagna (3,5 milioni) e britannici sul continente europeo (1,3 milioni). Pareva infatti che in vista del prossimo summit UE si sarebbe raggiunto un accordo-sanatoria che codificasse la condizione esistente di chi si è già stabilito dalle due parti della frontiera. Il Governo May ci teneva in particolare molto per togliere una grossa spina preliminare in vista del prossimo negoziato sulla Brexit. Una sanatoria che pareva logica ma che si è arenata sull’irrigidimento della Germania e della Commissione che hanno messo in chiaro che nessun accordo potrà essere raggiunto prima dell’avvio del negoziato UK-UE che dovrebbe partire nell’aprile 2017, subito dopo l’invocazione dell’articolo 50 dei trattati UE da parte di Londra, atteso per marzo.
Così i residenti europei si continuano a trovare in un limbo. Non è infatti detto che nel caso si possa giungere a un accordo tra le parti, le condizioni dei cittadini UE verrebbero codificate alla data del raggiungimento dell’accordo. Da un lato pare logico pensare di sì, perché fino ad allora si applicheranno i trattati UE di libera circolazione. Ma è anche possibile che si giunga a decisioni retroattive, dando ad esempio a chi si è stabilito da meno di 5 anni uno status diverso risetto agli ultimi arrivati che potrebbero trovarsi in condizioni più precarie. Comunque sia si tratta solo di ipotesi, ma l’incertezza continua e con essa il congelamento del mercato immobiliare e la sospensione di investimenti da parte di molte aziende che vogliono vederci più chiaro prima di prendere decisioni importanti.