La Gran Bretagna si e’ confermata come una delle economie più’ in rapida crescita del mondo sviluppato. Stando alle statistiche nel terzo trimestre il pil ha registrato un tasso di sviluppo dello 0,7%, seguito a un ritmo (rivisto) dello 0,9% nel secondo trimestre. Il tasso annuo è stato del 3%. Le fondamenta della ripresa hanno confermato di essere solide, anche se i servizi hanno mostrato un rallentamento allo 0,7% rispetto al 1,1% del trimestre precedente e il settore manifatturiero al o 0.4% rispetto al precedente 0,5%. Il settore delle costruzioni a propria volta ha registrato un progresso dello 0,8%.
Durerà questo mini-miracolo britannico? Gli economisti si sono affrettati a rilevare che l’economia britannica è legata a doppio filo con quella del resto del mondo che da segni di stanchezza e in particolare con l’Europa che resta fiacca. Una crescita in una sorta di splendido isolamento non è dunque concepibile. E’ però un fatto che ormai l’economia britannica è in piena espansione, con il pil del 3,4% superiore al livello dello scoppio della crisi nel 2008. Ottima notizia rispetto ad altri Paesi come l’Italia che devono ancora raggiungere i livelli pre recessione. Per l’intero anno, secondo le recenti stime del FMI il pil britannico dovrebbe crescere di un robusto 3,2%.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Infatti, nei sei anni che ci separano dall’inizio della recessione la popolazione britannica è cresciuta del 4,5%, sensibilmente al di sopra della crescita del pil. Per questo motivo il fattore benessere non si è fatto sentire e non a caso il Cancelliere ombra del partito laburista, Ed Balls si è affrettato a rilevarlo. Oltre al valore assoluto dei dati va anche preso in considerazione quello relativo, ossia che la produttività non è aumentata e molti nuovi lavori sono part time e male pagati.
Infine il boom non si è tradotto in un boom delle entrate fiscali come avrebbe dovuto essere il caso. Nei primi sei mesi dell’anno fiscale che terminerà in marzo, il deficit da colmare rispetto all’anno precedente è infatti salito di 1,6 miliardi di sterline a 58 miliardi. Ciò rende assai difficile il piano del cancelliere George Osborne di portare i conti in pareggio nella prossima legislatura (se vinceranno i conservatori alle elezioni) e poi procedere a un taglio delle tasse di 7,2miliardi. Dai dati del bilancio pubblico emerge peraltro che particolarmente fragili sono state le antrace derivate dall’imposta sui redditi. A fronte della robusta ripresa in atto gli introiti dai redditi sono aumentati soltanto dello 0,1% ossia 100 milioni di sterline.
Conclusione: la ripresa britannica è senz’altro netta ma le basi su cui poggia sono fragili sia a causa della debolezza dell’economia mondiale sia delle asimmetrie e lacune strutturali di quella britannica.