I grandi chef londinesi, che erano assurti allo stato di semi-divinità, con rutilanti programmi televisivi e conti astronomici, presentati a una clientela che non badava a spese, iniziano a patire duramente la recessione.
Nel tritacarne, come ha recentemente rilevato un articolo del Financial Times, sono entrati nomi di grido con tanto di programma Tv personale come Raymond Blanc (The Restaurant) Gordon Ramsay (Ramsay's Great British Nightmares), Anthony Worral Thompson (Daily Cooks Challenges) oltre ad altri divi come Tom Aitkens. Tutti navigano in pessime acque. La catena di 25 ristoranti di Ramsay avrebbe difficoltà finanziarie, per quanto il patron lo neghi ammettendo solo che "il mercato è difficile". Aitkens ha dovuto mettere due ristoranti in amministrazione, Worrall Thompson ne ha chiusi quattro, mentre Blanc ne ha chiuso uno, la Brasserie Blanc a Manchester. Heston Blumenthal, il secondo del mondo, noto per il suo Fat Duck a Bray nel Berkshire, ha avuto un infortunio igienico con clienti che si sono sentiti male e ha dovuto restare chiuso per un poco, anche se poi l'allarme è rientrato. L'unico che non sente crisi è il giovane Jamie Oliver che con la sua formula britaliana, Jamie's Italian ha addiritura in programma di aprire 5 ristoranti. Il che si risolve con una morale: se i prezzi giustificano la qualità del pasto la gente spende ancora. Ma non è più pronta ad alimentare la vanità di cuochi che usavano il cibo come pretesto per vendere il proprio personaggio e arricchirsi. Ma la storia purtroppo non finisce qui: nella morsa della crisi sono finiti tanti onesti produttori biologici che di fronte al forte aumento dei costi e al calo della domanda si trovano costretti a chiudere. Il ritmo delle chiusure è attualmente di un paio alla settimana. Quando i soldi mancano purtroppo tocca compromettere anche sulla qualità.