Per quanto malconcia, l'America che Obama ha ereditato non è in declino terminale. Lo scorso anno l'economia Usa pesava in proporzione sul resto del pianeta allo stesso modo di 20 anni prima. Obama dispone al Congresso dei voti necessari per fare passare tutte le leggi che vuole. Continua a mantenere un programma "rivoluzionario" in materia di politica interna sia sul fronte della Sanità sia dell'Ambiente e, quanto più importante, è riuscito a tamponare la peggiore crisi economica dal dopoguerra. Ora però viene il difficile: fare uscire veramente gli Usa dalle secche della crisi con un modello sostenibile. Questo, negli esiti, somiglia tanto a quello "sociale" di Paesi europei come Germania e Francia. Nell'applicazione deve trovare un giusto equilibrio, per evitare che i detrattori di destra accrescano i consensi giocando la carta del "presidente socialista" che trova terreno fertile non solo tra i repubblicani ma anche tra i democratici-conservatori.
Per uscire dalla crisi Obama sarà infatti costretto ad aumentare le imposte giocando d'acrobazia con l' impegno preso con gli elettori di non tassare le classi medie. La riforma sanitaria sta già incontrando forti resistenze. La riforma ambientale in un Paese di iperconsumatori dallo spreco energetico facile sarà altrettanto impegnativa. I detrattori temono peraltro che l'approccio all'europea del presidente distrugga gli spiriti animali liberati dai padri fondatori, che tanta energia hanno dato al sogno americano. Per noi che ci troviamo dall'altra parte dell'Atlantico sono questioni importanti e non a caso sono state al centro di un animato dibattito al convegno anglo-italiano di Pontignano. Quali sono poi le credenziali di Obama sul fronte commerciale? Non rischierà di cedere all'istinto protezionista? E che rapporti terrà con la Nato data la crescente tensione in Afghanistan che rischia di creare crepe sempre più pericolose? E i rapporti con gli Europei? La Nato si basa essenzialmente sulle forze britanniche e francesi e un esercito europeo è lontano da venire per il motivo che è difficile mettere sotto un solo comando 27 Paesi sovrani. Le perdite di vite umane, come abbiamo visto tristemente in questi giorni in Italia, toccano la carne viva di una nazione e nono possono essere delegate a un distante, insensibile e burocratico "comando unico europeo". E all'Onu e nelle istituzioni finanziarie? Obama vorrebbe vedere un peso maggiore di Paesi come Cina e India e maggior coordinamento e razionalizzazione tra europei. Ma al Consiglio di Sicurezza dell'Onu si pone nuovamente la questione dell'interesse nazionale. Francia e Gran Bretagna non accetteranno mai di suicidarsi per fondersi in un unico seggio europeo come vorrebbero gli italiani. La storia recente ha provato che, come nella difesa, anche in politica estera, quando il gioco si fa duro, l'interesse nazionale degli europei non sempre coincide. Così, paradossalmente, proprio mentre Obama pare avvicinarsi al modello europeo sul fronte economico e sociale, in politica estera e difesa, per quanto il nuovo presidente americano abbia un approccio più multipolare e conciliante del predecessore, nulla può essere dato per scontato. E su questo fronte nei prossimi mesi l'Afghanistan sarà un interessante banco di prova.