La Gran Bretagna sta attraversando una profonda crisi d'identità politica ed economica. Una crisi che sta cambiando la struttura del Paese, facendolo convergere sempre più con quelli che erano considerati i peggiori difetti dell'Italia. Un trauma reciproco, va detto, che vale anche per quegli Italiani che vedevano nel "modello inglese" il punto di arrivo di una lunga marcia verso la civilizzazione. Oggi, seguendo questa logica evolutiva a parti rovesciate, sono gli inglesi ad assomigliare sempre più agli italiani. Per certi versi si tratta indubbiamente di progressi: basti guardare il calcio, colonizzato da prestigiosi Ct italiani, a partire da Fabio Capello con l'Inghilterra. Oppure basti osservare il trionfo della cucina e della moda italiana, che a Londra ha sbaragliato i rivali francesi. Per non parlare dell'invasione di scooter Piaggio, che saettano da ogni parte della capitale. O della trasformazione dei pub in wine bar, con ricette italiane. La convergenza verso il peggio di cui parlo non è nei costumi, ma a livello macro, nella struttura politica ed economica.
Se guardiamo infatti all'economia, la Gran Bretagna, che ci dava fino a due anni fa lezioni di virtuosismo fiscale, oggi si trova ora immersa in un mare di debiti: dal 39% del pil del 2007 i debiti hanno raggiunto il 54% nel 2009 e puntano decisi all'80%. Sempre assai meno del 115% del debito italiano. Ma la dinamica è a sfavore degli inglesi, a giudicare dal rapporto deficit-pil del 12% della Gran Bretagna rispetto a poco più del 5% dell'Italia. In comune nel 2009 i due Paesi hanno avuto una terribile recessione del 5% lo scorso anno. Se guardiamo alla politica, una cosa ormai è certa di questa campagna elettorale: siamo davanti a una corsa non più fra due ma fra tre partiti, dopo l'emersione di prepotenza dei liberaldemocratici che non raccoglievano tanta popolarità da quasi 90 anni, dai tempi di Lloyd George. Difficile prevedere come andrà a finire, ma è un fatto che i due maggiori partiti, che ancora 20 anni fa raccoglievano assieme oltre l'80% dei consensi, oggi raggiungono a fatica il 60%, aprendo inevitabilmente la strada a un gioco politico di coalizioni e compromessi. Non siamo certo al livello di sbriciolamento in partitini del nostro Paese, ma ci avviciniamo a uno schema all'italiana. Il rischio peggiore per gli inglesi, come continuano a sottolineare i conservatori per convincere gli elettori a votarli con una chiara maggioranza, è che, un Governo di coalizione, costretto a compromessi e mezze misure, faticherà a prendere di petto i gravi problemi del Paese, aprendo la strada a una forte crisi economica. Ci troveremmo di fronte a uno scenario da incubo: una Gran Bretagna che mantiene tutti i propri difetti come l'alcolismo e il teppismo giovanili, e allo stesso tempo si trova in preda di una deriva greco-latina che potrebbe aprirle le porte al per nulla ambito club dei PIGS: un'acronimo che contrariamente a quanto potremmo pensare, con Portogallo, Grecia e Spagna alla lettera I non contempla l'Italia bensì l'Irlanda. Insomma è proprio il caso di dirlo: questa crisi economica ha messo la vecchia Europa sottosopra. Facendo crollare vecchie certezze e mettendo gli inglesi in crisi d'identità.