Chi avrebbe mai detto che la patria del sistema elettorale maggioritario secco, dove il primo ministro è un dittatore eletto, dove la politica è decisionismo senza compromessi, si sarebbe ridotta a un Governo di coalizione, il primo da quasi 70 anni, e tanto più a una coalizione tra i due partiti più ideologicamente distanti tra loro? Ma che sta succedendo a Westminster? Le spiegazioni abbondano, ma sono poco convincenti sul piano delle idee. Viviamo in un'era post-ideologica, dicono alcuni, in cui si bada al sodo e non alle formule. Siamo in emergenza e bisogna prima di tutto servire l'interesse nazionale usando gli ingredienti che si hanno, aggiungono altri. Conservatori e Liberaldemocratici sono entrambi per la libertà individuale, i diritti umani e uno Stato ridimensionato dicono altri ancora. Dunque nulla di male se si mettono assieme. Ma come è possibile che un partito dichiaratamente pacifista, ecologista, incline a tassare, che in questi anni non ha perso occasione per criticare il Governo laburista da sinistra, abbia deciso di mettersi assieme a quelli del "nasty party", il partito dei cattivi, come alcuni chiamano i "tory", militaristi e a favore di tutto quanto fa rima con la destra? La spiegazione è semplice: i Tory non sono più quelli di una volta e i liberaldemocratici hanno scoperto che non possono più essere gli stessi di una volta, tanto più di fronte all'occasione storica di governare dopo 80 anni di lontananza dalla stanza dei bottoni. In 5 giorni di negoziati la ricerca di una formula che desse stabilità al Paese ha creato l'effetto di una profonda trasformazione della politica inglese.
Ci sono forse categorie più interessanti da utilizzare per capire quanto sta succedendo. Certamente la prima è l'emergenza nazionale del debito, che obbliga a una sorta di Governo di salute pubblica. In secondo luogo la governabilità: i due partiti, con oltre 360 seggi, hanno tutti i numeri per Governare (la maggioranza è di 326) permettendo un buon margine laddove alcuni deputati di entrambe le formazioni si astengano al voto o votino contro leggi che non si sentono di sottoscrivre. Un'alleanza con i laburisti, più ideologicamente simile, sarebbe stata fragile come una cartolina a causa di una maggioranza infima di qualche voto, esposta continuamente ai franchi tiratori. Più importante forse ancora è il fattore opinione pubblica: aritmeticamente Conservatori e liberaldemocratici hanno raccolto il 59% dei voti ma da un recente sondaggio emerge che questa coalizione ha il plauso del 64% dell'elettorato con un appoggio, in particolare, dell'87% degli elettori conservatori e del 77% dei liberaldemocratici. Inoltre, assai importante da rilevare, è l'anagrafe dei due leader: sia David Cameron, il nuovo primo ministro, sia Nick Clegg, il liberaldemocratico suo vice, hanno la tenera età di 43 anni. Cameron è il più giovane premier da oltre due secoli. Clegg sprizza gioventù da tutti i pori e, in un Paese in cui la gioventù, contrariamente all'Italia, è considerata una virtù in sè, l'accoppiata al Governo offre certamente motivi di speranza rispetto all'ormai "vecchio" 59enne Gordon Brown. Ancora più interessante forse il fatto che i due leader, due ragazzi di buona famiglia, con ottima educazione alle spalle, abbiano subito trovato un'istintiva intesa: pacche sulle spalle, toni civili, sintonia sul modus operandi al di là del profondo fossato ideologico. Cameron si è preso un grosso rischio offrendo il vicepremierato a Clegg e coinvolgendolo nel cerchio ristretto delle decisioni del Governo. Il vecchio Vince Cable, l'ex-cancelliere ombra dei liberaldemocratici dai trascorsi laburisti, ha ottenuto una forte voce in capitolo sulle decisioni del neo-cancelliere conservatore George Osborne. Dalla cabina di ministro dell'Industria e Business, Cable avrà infatti un'importante voce in capitolo nella riforma del sistema bancario. Infine, tante differenze di fondo, a guardare cinicamente, non vengono per nuocere: l'euroscetticismo dei conservatori e il forte filoeuropeismo dei liberaldemocratici paradossalmente serviranno a neutralizzarsi l'un l'altro: gli ultimi hanno interesse a non accelerare su un'adesione all'euro in un momento in cui la valuta europea è alle corde e i secondi hanno interesse a stemperare le loro critiche all'Europa in un momento di crisi. I liberali hanno interesse a essere più decisi nel taglio delle spese e potranno giustificare ai propri elettori l'onere della coalizione. Lo stesso vale per i "tory" che si troveranno " costretti" a tenere la tassazione alta. E così via per molte altre posizioni politiche. Insomma, la combinazione di Cameron e Clegg, almeno in questa fase, può essere paradossalmente utile a entrambi i partiti e il Paese potrà realmente trarne beneficio. Se poi l'alleanza sarà destinata a durare per 5 anni ossia una legislatura, come ha auspicato Cameron, è tutto da provare. L'inizio però è stato sorprendente. Strano ma vero la formula della coalizione, un'anatema per la politica inglese, pare funzionare.