Forse la vetta più sublime del political correctness anglosassone è ormai simbolizzata dalla cultura della scusa e della contrizione. Per chi viene dall'Italia – dove spesso la gente passa il tempo a insultarsi, a non fare mai un cenno di autocritica, a negare l'evidenza anche se ha in mano fumante l'arma del delitto, a difendere comunque e sempre ciecamente famigliari e amici intimi anche se sono avanzi di galera - un mondo in cui si chiede continuamente scusa al prossimo e si fa ammenda delle proprie colpe, pare in confronto il Paradiso delle buone maniere. Ma non è esattamente così: spesso ci troviamo davanti a una forma di ipocrisia estremamente sottile, che serve a mettere a posto la coscienza, a salvare le apparenze e a non cambiare nulla.
Per chi vive a Londra da molti anni come me il dilagare della cultura dell'apology ha ormai raggiunto ogni angolo dell'esistenza. Ministri che chiedono scusa in Parlamento e appaiono pubblicamente là dove hanno mancato ai doveri coniugali, Celebrity del cinema e dello sport che fanno atto di contrizione quando abusano del loro status privilegiato. Ma anche, sistematicamente, scuse e scusine nella vita di tutti i giorni. La metropolitana si blocca tra una stazione e l'altra? Entro 30 secondi il conduttore presenterà le proprie apologies e avrà così fatto il proprio dovere come da manuale. Lo stesso capita in aereo, dove ormai la partenza di un volo con un minimo di 30 minuti di ritardo è la norma, quando uno non resta sulla pista di decollo per ore bloccato dalla neve o fermo su un treno guasto in mezzo alla campagna. Per non tacere degli ospedali, dei centri di assistenza all'infanzia maltrattata, gli ospizi per vecchi. Un maltrattamento, uno scambio di cartelle cliniche che manda un malcapitato al creatore e voilà escono le apologies che tutto leniscono. O la stessa polizia, quando si è trovata a usare la mano pesante ha presentato le proprie scuse ai poveri malcapitati. Le apologies sono insomma l'equivalente del colpo di spugna e fungono da atto liberatorio per la nostra coscienza. Più ne ascoltiamo, però, e più ci rendiamo conto di quanto poco le cose funzionino in questo Paese. I protestanti, peraltro, prendono in giro noi cattolici perchè, grazie all'istituto della confessione, che tutto candeggia, siamo pronti a peccare di nuovo, col risultato che viviamo in una società con uno standard etico più basso. Le apologies, per certi versi, sono forse peggio, perchè non si applicano solo al concetto di peccato, ma riguardano anche il danno o disagio, grande o piccolo, che uno può causare al prossimo per negligenza, mancanza di accuratezza, prevenzione, buona volontà o lazzaronaggine. Inutile pensarci prima, insomma, facendo al meglio e con scrupolo il proprio dovere. Basta fare le apologies al momento giusto e tutto si sistema. Meglio che niente direte voi. Certamente meglio rispetto alla jungla italiana della maleducazione dove chi sgarra vuole anche avere ragione. Un consiglio ai nostri compatrioti: imparate a chiedere scusa. Non cambia niente sul fondo ma finisce che ci fate una bella figura…Parola di gentleman.