Il capo di Stato Maggiore britannico, Sir David Richards, forse pensava di dire una banalità quando a metà dello scorso dicembre, parlando di strategia militare, affermava che la maggiore minaccia per le forze armate britanniche non veniva da un particolare nemico esterno, bensì dalla crisi economica: "nessun paese in bancarotta è in grado di difendersi" aveva ricordato. Per tale motivo la migliore garanzia perla Gran Bretagna per poter essere in grado di continuare a finanziare la propria macchina da guerra è quella di mantenere il rating tripla A. Servire un debito sempre più costoso significa faticare a tenere la spesa pubblica sotto controllo e dunque obbliga a ridurre le spese militari. Prendiamo il caso britannico: fino all'inizio degli anni 2000 l'esercito contava 200mila uomini operativi e c'erano progetti per centinaia di nuovi aerei da caccia tra Eurofighter e gli americani F-35. Oltre a 2 portaerei di nuova generazione. Ora i progetti e i sogni di gloria di dotarsi di nuovi mezzi sono stati dimezzati (ci sarà solo una portaerei e molti meno aerei caccia) e nel 2020 si prevede che le forze armate verranno ridotte a 82mila uomini. Malgrado questo drastico ridimensionamento, parliamo di un Paese che comunque spende il 2,7% del pil per mantenere la spesa a circa 58 miliardi di dollari, quanto la Francia e poco più della Russia. L'Italia spende circa 38 miliardi, pari all'1,8% del proprio pil. Sono però tutti bruscolini rispetto alla massa di 687 miliardi di dollari degli Usa che spendono in difesa come il totale dei primi dieci Paesi del mondo. Ma il fatto che ormai la Cina abbia raggiunto 115 miliardi di dollari (i dati sono tutti riferiti al 2009) rispetto ai 35 miliairdi di India e 30 miliardi del Brasile dà da pensare sulle risorse crescenti delle nuove potenze emergenti. Forza economica da sempre vuole dire forza militare per proiettare la propria potenza al di fuori dei propri confini. Come sta avvenendo sempre più per una Cina affamata di risorse in Africa e Medio Oriente. Non è un caso che gli USa abbiano recentemente ammesso per bocca del Segretario alla Difesa, Leon Panetta, che nei prossimi anni le sfide per il Paese verranno da potenze emergenti come India e Cina. Dato che Obama ha annunciato un taglio di spese di 50 miliardi di dollari l'anno per 10 anni per un totale di circa 500 miliardi, l'obiettivo di mantenere influenza e tagliare le spese a causa della crisi economica è come cercare di quadrare il cerchio. Certo, le spese verranno rese più efficienti, ci si concentrerà su sistemi d'arma migliori e in nicchie di eccellenza. Ma questi discorsi sono anni che li sento a Londra, dove i Governi hanno pateticamente cercato di coniugare prestigio di un Impero scomparso con la dura realtà dei numeri. Il generale Richards ha detto che il re è nudo. E ci accorgiamo che anche la ben più potente America di Obama inizia a perdere vestiti. Si concentrerà sempre più sul Pacifico e il Medio Oriente, lasciando perdere l'Europa. L'impressione è che la povera Europa, che è sempre rimasta indietro un giro in termini di Difesa oltre a dover fare conto su un ombrello americano sempre più piccolo e bucato, dovrà arrangiarsi da se con mezzi sempre più ristretti. Il tutto in un clima di risentimento crescente tra Paesi del Nord e del Sud del Vecchio Continente, che dovranno peraltro affrontare difficili crisi sociali in casa propria. Declino economico e declino militare: sembra la scoperta dell'acqua calda ma nessuno pensa mai abbastanza alle forze profonde che i due fenomeni riescono a muovere. Il generale Richards ce lo ha ricordato.
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