La notizia è assai curiosa, al punto che il Financial Times l'ha data in prima pagina a caratteri cubitali: la compagnia di ultraricchi che giungono in Gran Bretagna con il cosiddetto Tier 1 visa, o meglio visto di prima categoria, è sempre piú nutrita. Gli extracomunitari che, in virtú di una legge del 2008 (passata dai laburisti allora al potere, si noti bene), possono stabilirsi in Gran Bretagna a patto che portino con sè capitali destinati a investimento superiori a un milione di sterline (1,25 milioni di euro) sono quasi raddoppiati, salendo a fine giugno del 2012 a 419 rispetto ai 235 dello stesso periodo dell'anno precedente. Numeri ridicoli si dirà, ma è assai probabile che gli "happy few" abbiano investito in Gran Bretagna cifre ben superiori alla soglia minima. Del totale circa un quarto sono infatti ricchi russi e un quarto ricchi cinesi. Nuovi ricchi che continuano ad alimentare la bolla immobiliare del centro della capitale, comprando case dal valore superiore a 2 milioni di sterline. Secondo le statistiche immobiliari il 63% dei compratori di immobili dal valore superiore a questa soglia è infatti straniero. Insomma, l'immigrato d'oro piace alla Gran Bretagna e alla capitale in particolare, ma nasconde anche un'altra realtà, ossia la riduzione degli immigrati "ordinari", quelli che in questi anni hanno fatto grande Londra lavorando in sala macchine o portando i propri talenti professionali. Per la prima volta da quattro anni il saldo netto dell'immigrazione (immigrati meno emigrati) è sceso in Gran Bretagna sotto la soglia delle 200mila unità. Secondo le statistiche relative all'anno fiscale 2011/2 (fine marzo) il totale è stato infatti di 183mila rispetto ai 242mila dell'anno precedente. Una caduta del 25% che dovrebbe fare riflettere. Se infatti i conservatori al Governo iniziano a cantare vittoria, dato che sono riusciti finalmente a ridurre l'immigrazione viaggiando verso il tetto di 100mila immigrati annui che si sono preposti per il 2015, le statistiche rilevano che la grande parte della riduzione è avvenuta a causa del crollo degli studenti stranieri. Questi portano tanti soldi, dato che le tasse universitarie o le rette pagate per diplomi vari da chi proviene al di fuori della UE si situano tra 15 e 30 mila sterline annue (più le spese di alloggio e i consumi individuali). Il Governo Cameron sostiene che molti di questi studenti siano "finti" e ha dichiarato loro guerra. Il risultato è stato tangibile, dato che il numero di visti studenteschi è precipitato del 26%. Ma il rischio è che, assieme ai finti studenti, si scoraggi l'entrata a quelli veri e su questo fronte il sondaco di Londra, Boris Johnson è stato assai critico, mettendo in guardia di fare della capitale una cittadella impaurita rispetto alla metropoli accogliente e cosmopolita che è sempre stata. C'è peraltro un ultimo problema, ossia quello legato al calo degli studenti già domiciliati nel Regno Unito che da quest'anno si sono visti triplicare le tasse universitarie da 3 a 9 mila sterline annue (11 mila euro). Risultato: c'è stata una mattanza di corsi universitari che quest'anno sono stati tagliati dell'11%, da 43.300 a 38.100 e un calo del 9% delle iscrizioni. Conclusione: meno studenti britannici e meno studenti stranieri ai corsi fanno soffrire l'industria accademica che, oltre a contribuire al pil del paese con circa 60 miliardi di sterline annue, porta cultura e varietà, idee e l'entusiasmo delle giovani generazioni. I ricconi sono benvenuti ma la Gran Bretagna non sarà mai la Svizzera o le isole Caimane.
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