In Gran Bretagna è scattata la ripresina. Ma il vero rilancio è ancora lontano

E' ormai un fatto appurato: l'economia britannica è ripartita. Dopo primi flebili segnali all'inizio dell'anno con un progresso dello 0,3%  e 0,7% rispettivamente nel primo e secondo trimestre, nella seconda metà dell'anno sono evidenti visibili segnali di accelerazione. Secondo i dati dell'OCSE, l'organizzazione economica che raggruppa le maggiori economie di mercato del mondo, il balzo dovrebbe addirittura essere del 3,7% e 3,2% nel secondo e terzo trimestre rispettivamente, portando la media totale dell'anno a 1,5%, praticamente il doppio dello 0,8% che era stato previsto in precedenza. Se la ripresa si consolidasse sarebbe certamente un'ottima performance, non lontana dall'1,7% previsto per gli Usa e l'1,6% per il Giappone e assai superiore allo 0,7% della Germania, al 0,3% della Francia e al miserrimo -1,8% dell'Italia.

La locomotiva inglese si e' messa dunque a strattonare. Quanto questi segnali di ripresa si consolideranno è difficile però dirlo anche perchè l'OCSE mette in guardia dai segnali di debolezza in giro per il mondo, specie tra le economie emergenti, che si sono messe visibilmente a rallentare proprio mentre l'Occidente sembra riprendere a tirare. La ripresa britannica ha una forte componente di rilancio manufatturiero, per quanto limitata sia ormai la base industriale del Paese, e una buona tenuta dei servizi. Per dare però un'idea di quanto sia ancora il cammino da percorrere, basti pensare che, se l'economia britannica crescesse per due anni di fila all'1,5%, solo al terz'anno supererebbe il livello raggiunto nel primo trimestre del 2008, poco prima dello scoppio della bolla finanziaria. Allora il Pil britannico era di 373 miliardi di sterline. A metà di quest'anno era ancora quota 364 miliardi in termini reali destagionalizzati dall'inflazione. Ciò serva a dare una misura  della recessione che l'Occidente ha attraversato, ma in particolare la debolezza della ripresa britannica rispetto a USA, Germania e Francia che sono tutte ormai al di sopra dei livelli del 2008. Solo l'Italia è messa peggio e fatica ancora di più a uscire dalla fossa in cui si è cacciata. Letteralmente e biblicamente: sette anni di vacche magre..