Che dire della morte di Filippo di Edimburgo a chi è travolto in queste ore da un torrente di informazioni? Che aggiungere senza rimestare una zuppa ribollita? Due notazioni frivole e qualcuna di fondo. Nel primo caso, avendolo incontrato un paio di volte, posso confermare, con una rapida impressione, quel suo spirito libero e sopra-tono che lo caratterizzava negli incontri ufficiali. La prima volta, al castello di Windsor a inizio anni 2000, quando a Corte decisero di aprire al mondo dei media, invitando un centinaio di giornalisti tra cui alcuni stranieri di cui facevo parte. Lo ricordo piombare sul capannello di colleghi con cui confabulavo e, dopo avere scambiato alcune gradevoli battute, non appena resosi conto che uno di noi era di The Guardian, giornale di simpatie repubblicane, esclamò con una risata tonante: “No fear!”, ossia niente paura, sfoderando un beffardo tono di sfida. La seconda nel 2005, a Buckingham Palace, in occasione della visita del presidente della Repubblica Ciampi a Londra. Quando venni presentato a Filippo, al cospetto della signora Franca, consorte del presidente italiano, la mise in imbarazzo chiedendole a bruciapelo: “e lei conosce questo distinto giornalista italiano, che tipo è?” ricevendo in cambio una silenziosa espressione perplessa.
Filippo era un uomo libero e, se è possibile passare l’espressione nella stratosfera della nobiltà europea, un self made man, dato che, essendo un principe outsider di origini greche e danesi con alle spalle un esilio e una famiglia disintegrata, con un madre finita in manicomio, un padre, il principe Andrea di Grecia e Danimarca, defilatosi a Montecarlo e quattro sorelle sposate a nobili tedeschi, tenuti in estremo sospetto dati i trascorsi bellici, era visto a Buckingham Palace in fondo alla lista dei pretendenti a Elisabetta. Filippo di necessità aveva però fatto virtù e aveva un fascino particolare grazie a un’educazione cosmopolita in Francia, Germania e Gran Bretagna imposta dalle vicissitudini famigliari. A cui si aggiungeva una viriltà temprata da una distinta carriera militare in marina, dove aveva combattuto con valore durante la Seconda Guerra. Filippo era insomma un nobile con una marcia in più che si era sporcato le mani nella sala macchine della vita. Un tratto genuino che la giovane Elisabetta, che l’aveva conosciuto diciottenne durante una visita al liceo di Gordonstoun in Scozia, aveva evidentemente riconosciuto e sempre più apprezzato, fino a decidere con ostinazione di farne l’uomo della sua vita.
Una vita difficile in gioventù e una guerra combattuta alle spalle erano il tratto comune a molti giovani coetanei di Filippo che si affacciavano alla vita dopo il 1945. E che lo hanno reso agli occhi della gente uno con i piedi per terra. Lo stesso matrimonio dorato con Elisabetta nel 1949 era un sogno destinato a durare poco, dato che la morte prematura del padre Giorgio VI la catapultò al trono nel 1952 a soli ventisei anni. Da allora la coppia reale ha vissuto all’insegna del dovere. Filippo aveva i suoi margini di libertà: dipingeva, scriveva libri, giocava a Polo e presiedeva numerosi enti caritatevoli. Durante i suoi 66 anni di attività pubblica, ha espletato a titolo personale più di 22mila impegni professionali. A cui si aggiungono oltre duemila visite in patria e all’estero al fianco della consorte. Accanto alla quale stava, come è noto, un passo indietro. Filippo sapeva stare al proprio posto e non lo considerava una diminutio, ma al contrario parte integrante del meccanismo della Corona. Aveva rinnegato la fede ortodossa per abbracciare quella anglicana. Come pure aveva rinunciato alle aspirazioni dinastiche ai troni di Grecia e Danimarca. Cose dal valore più simbolico che pratico che devono però avere pesato a un uomo virile ed esuberante che, in una normale situazione, sarebbe stato un ingombrante capofamiglia. Si dice che abbia compensato con varie scappatelle extraconiugali. In assenza di prove va comunque notato che il suo profilo pubblico è rimasto impeccabile.
Filippo era insomma l’altra metà di Elisabetta. La roccia a cui la regina si appoggiava, un uomo di buon senso colto e raffinato, ma non intellettuale. Un amante di cose di ingegneria e scienza più che di lettere. La sua scomparsa, per quanto attesa, data la veneranda età di 99 anni, vibra un duro colpo al piedistallo su cui poggia il trono. Per la regina è iniziato il vero conto alla rovescia. Filippo aveva rinunciato già ai suoi impegni da tre anni. Elisabetta, per quanto a ritmi un poco ridotti a causa dell’età e della pandemia, non dà segni di cedimento, anche se ha iniziato a delegare impegni al figlio Carlo da quando il consorte aveva fatto il vero passo indietro. Non si capisce se abdicherà o se sia determinata a servire fino all’ultimo, come un Papa, anche se, perfino nella Chiesa di Roma, abbiamo ormai un illustre pensionato. Ma cosa possiamo attenderci per il futuro?
Con Filippo, infatti, sparisce una figura che per le circostanze della vita, i sacrifici che ha fatto e le responsabilità che ha avuto, ha una dimensione storica. Carlo, per quanto lavoratore indefesso, uomo colto e sensibile, ha vissuto in tempi più leggeri, scanditi dai ritmi dei gossip e rotocalchi e da una vita privata che ha inciso sulla sua immagine pubblica. Al punto da essere eclissato da Diana nell’Universo pulsante delle celebrities. Rischia di essere ricordato molto più per il rapporto tormentato con la ex-moglie che per i meriti di ambientalista o patrono di decine di enti caritatevoli tra cui alcuni di grande valore. Il tempo in cui la fama derivava dalla funzione che uno svolgeva, è stato spazzato via nel mondo delle celebrità dall’immagine che uno proietta. Diana è stato un caso esemplare. I giovani pretendenti reali, in questo mondo, sono diventati fungibili con altri personaggi dello spettacolo. Più si prestano al gioco della fama e della vanità, più rischiano di arrivare bruciati alla meta, come Harry e Megan con le loro spigolature americane. Che rispetto otterranno dalla gente i futuri monarchi, dato che la corona britannica, in termini di costi e funzioni, è rimasta una delle più pesanti del mondo? Il confronto con le monarchie nordiche “in bicicletta” corre immediato. Forse per i giovani nipoti di Elisabetta è arrivato il tempo di pedalare. Le folle di parenti che si affacciano al balcone di Buckingham Palace dovranno essere abbondantemente potate per tornare alle immagini dei primi anni ’50 quando accanto a Elisabetta e al fido Filippo stavano la Regina madre, Carlo e Margaret. Le vicende private di famiglia hanno infatti, in questi ultimi 30 anni, travalicato abbondantemente quelle professionali. Il comportamento esemplare di Filippo deve essere un monito per tutti.