La storia può essere semplificata come segue. Lo scorso anno il Governo britannico ha raggiunto un accordo di divorzio con la UE, firmato e ratificato. Attualmente sta negoziando un trattato per il nuovo rapporto futuro con la UE. Mentre le trattative si stanno facendo sempre più difficili, il Governo ha deciso di passare una legge interna che non riconosce più una parte dell’accordo raggiunto in precedenza. La motivazione della mossa è stata data col fatto che, in caso non ci fosse accordo sul rapporto futuro, Londra si troverebbe vincolata da alcune parti del trattato di divorzio riguardanti il Nord Irlanda che riterrebbe inaccettabili.
In altre parole, dopo avere negoziato concluso e ratificato un trattato internazionale il Governo Johnson, con una mossa senza precedenti e per propria ammissione (del segretario al Nordirlanda Brandon Lewis) ha deciso di non volere rispettare un accordo internazionale, tra l’altro con un partner che rappresenta un mercato di 500 milioni di persone. La decisione ha avuto un impatto enorme: la UE ha già fatto sapere, nel caso Londra non facesse marcia indietro, di volere impugnare la violazione nelle corti internazionali. Sul piano interno, oltre ai partiti d’opposizione, una buona parte dello stesso partito conservatore di Governo minaccia di ribellarsi e bocciare la legge quando la prossima settimana avverrà la votazione in seconda lettura. Tra i ribelli, molti parlamentari brexiters che pensano che c’è un limite a tutto e che i trattati vanno rispettati, pena una caduta di reputazione del Paese nell’arena internazionale. All arivolta si aggiunge un altro scoglio sul fronte legislativo, dato che pare certo che la Camera dei Lord boccerà la proposta di legge, anche se, come è noto, non ha la parola definitiva.
Il Regno Unito, culla del diritto e uno dei maggiori custodi dei trattati internazionali, si trova dunque ora, nella versione del Governo Johnson, nella veste di violatore di regole che esso stesso ha sottoscritto. La mossa è molto pericolosa. Il primo principale effetto è che per un Paese che è stato l’incarnazione del diritto, la violazione patente di un trattato che si basa sui principi stabiliti nel XVI secolo che i patti vanno rispettati (pacta sunt servanda) e interpretati in buona fede, comporta un crollo di reputazione. Al meglio, infatti, la caduta d’immagine dà un’impressione di incompetenza da parte di un Governo che si rimangia la parola data perché si rende conto di avere concluso un trattato contro il proprio interesse. Al peggio, perché alternativamente il Governo rivela di avere concluso il trattato in malafede e ora con strafottenza non ha più intenzione di onorarlo. Uno dei Paesi finora più rispettati del mondo per avere contribuito a forgiare ed elaborare il diritto in modo fondamentale per secoli pare d’un tratto perdere la testa e andare contro i propri principi.
Sul fronte pratico, la mossa rischia di guastare strutturalemente i rapporti con la UE per molti anni a venire, creando un conflitto commerciale che danneggerebbe l’economia bitannica in un momento già difficile a causa degli effetti del Covid-19. I responsabili della City di Londra hanno già mandato vistosi segnali di allarme al Governo, dicendo che non possono permettersi il lusso di un confronto con Bruxelles. La forza principale della City sta nell’affidabilità del suo sistema giuridico che in questi decenni ha attratto istituzioni e con esse capitali esteri. Un Governo che decide di non rispettare e cambiare le regole, crea un precedente pericoloso e un clima di sfiducia sui mercati finanziari che poggiano su una imaplcatura compless e sedimentata di leggi e regolamentazioni. La decisione rischia inoltre di minare strutturalmente il processo di pace in Nordirlanda con la reintroduzione di una frontiera materiale e il rischio di una ripresa della violenza. Per non parlare della perdita di credibilità a livello mondiale. Chi si fiderebbe più di trattare con gli inglesi? E Londra con che faccia darà lezioni in futuro a Paesi come Iran, Russia e Cina che spesso accusa di fare carta straccia del diritto internazionale?
C’é chi ha voluto leggere nella fuga in avanti di Johnson un bluff negoziale per fare pressione su Bruxelles, ma la mossa ha ormai esposto il Governo di Londra in modo irreversibile. Difficile fare marcia indietro senza perdere la faccia. Johnson peraltro rischia grosso se si creasse un blocco sufficientemente grande di deputati che potrebbero votargli contro in Parlamento. Ha fatto bene i conti misurando le proprie forze? E questa prova di muscoli decisa a intimidire la UE e ottenere un vantaggio negoziale, non rischia, nel caso portasse a un conflitto insanabile con Bruxelles, di creare un grande danno nel medio lungo termine?