Per la Brexit in vista un caotico rush finale

Certo, se mercoledi prossimo si votasse la proposta di Theresa May, tutto sarebbe più semplice. Almeno in teoria. Il Governo lo ha messo in chiaro: non esistono alternative alla proposta di Brexit del Primo ministro, se non rinvii insensati e, in ultima istanza, il rischio di restare definitivamente impigliati nella UE per mancanza di un accordo parlamentare. Tutte la compagine del Governo ha fatto peraltro muro nelle ultime 48 ore, dichiarando coralmente che,senza un voto positivo per la proposta dell’esecutivo, si corrono rischi incontrollati.

In realtà, a detta degli esperti, comunque vadano le cose, un rinvio pare ormai inevitabile anche in caso di voto positivo per la May, perché la legislazione necessaria per passarlo sarebbe già da ora fuori dai tempi massimi. E peraltro, anche se la sceneggiata tra la May e Bruxelles sfociasse su una sorta di papocchio che salvi la faccia dei pro Brexit, l’esito finale è tutto da provare. Allo stato, la May rischia comunque di andare sotto per 100 voti, un exploit migliore dei 230 voti della volta scorsa, ma comunque un baratro ancora da colmare.

La situazione è dunque in stallo. I Brexiter, a mio avviso in malafede, hanno incastrato il Governo in una sorta di Comma 22. Sono pronti a votare la proposta del Governo, ma solo se questo ottiene da Bruxelles concessioni sull’Irlanda che  la UE non vuole offrire, dato che considera il negoziato col Governo chiuso con un “contratto” è stato firmato. Se il Governo non è poi in grado di rappresentare il Paese e tantomeno il partito che guida l’esecutivo, non si tratta per la UE di un suo problema. Convinti che il Governo non riuscirà a ottenere nuove garanzie, i Brexiter premono sul tasto della necessità di lasciare la UE senza un accordo. E ciò sapendo che il Parlamento non permetterebbe mai di passare una Brexit brutale. Quindi, verso i loro elettori, i Brexiter potranno vantare di avere la coscienza a posto e di essere stati i soli veri interpreti puri dell’interesse nazionale poiché qualsiasi soluzione per cui il 29 marzo non comporti una uscita dalla UE sarebbe un tradimento del referendum del 23 giugno. Un centinaio di deputati irriducibili, in massima parte Tory ma anche in piccola parte laburisti, tiene dunque in ostaggio il Governo, ammantandosi della statura morale di interpreti della volontà del popolo.

La May, evitando di trattare con l’opposizione nel tentativo di trovare un un compromesso nell’interesse del Paese, ha fatto un grave errore. Se avesse infatti detto dal primo giorno che, se era vero che il sì aveva vinto il referendum era anche vero che c’era un 48,11%  di elettori contrari, della cui volontà e specialmente dei cui interessi bisognava tenere conto (dato che moltissimi hanno un legame economico forte con la UE), avrebbe potuto diluire gli eurofobi del proprio partito, puntando a un’ampia intesa parlamentare. La May ha invece deciso fino dall’inizio di mantenere la dialettica entro il 51,89% dei vincenti e, al loro interno, entro il proprio partito, col risultato di essere ora ricattata da un quarto dei propri deputati che si sono ammantati della rappresentanza dell’elettorato vincente. Vista in altro modo, ricordiamo che la Brexit la hanno votata in termini numerici solo il 36% degli elettori aventi diritto, dato che gli altri hanno votato remain (34,8%) o non hanno votato (29,2%). Il dibattito di questi due anni e mezzo si è svolto sulla base di queste premesse assai dubbie.

A questo punto, lo scenario più probabile è che la proposta della May venga bocciata nuovamente il 12 marzo. Il Parlamento allora voterà l’opportunità di una hard Brexit, ossia una Brexit ghigliottina, che verrà certamente bocciata dato i rischi che comporta, a dispetto del negazionismo dei Brexiter che vedono solo rose e fiori (sono affermazioni che non costano niente dato che sono inverificabili). A questo punto, il Governo chiederà un rinvio per trovare un’alternativa. Ipotesi che, a parole, né la May né i Brexiter dichiarano di volere, ma che in pratica stanno operando perché si avveri. E se rinvio si avrà, nuove polemiche sono in vista sulla durata del rinvio, considerando che sono in vista elezioni europee, con la paradossale possibilità che gli inglesi saranno chiamati a votare alle europee proprio mentre stanno districandosi dall’Europa… E ammesso che tutto poi vada per il meglio, ossia che una qualche forma di Brexit vedrà la luce, saremo ancora a metà strada, dato che resta tutto da negoziare il futuro rapporto tra UE e UK. Un capitolo tutto da scrivere, per cui si prevedono altre polemiche e contorsioni. L’ossessione è destinata a continuare per anni..

 

  • arthemis |

    P. Alessio: ” la sola parte sull’irlanda del nord è folle” – vero, ma non sono ancora riuscita a capire quale fosse la proposta alternativa dei Brexiter, a parte non meglio specificate “soluzioni tecnologiche” per avere il controllo degli scambi fisici senza avere confini tra Irlanda del Nord e Irlanda-EU.. [aspetto critico che anche in campagna referendaria non avevano affrontato, mi risulta]…

  • Marco Niada |

    E’ vero che, in mancanza di un voto di compromesso, il 29 marzo il Regno Unito uscirebbe automaticamente dalla UE, trattando con le regole WTO. Il voto che la May propone sulla opportunita’ di una hard Brexit e’ pero’ legittimo, dato che secondo quanto annunciato dalla stessa May, avverrebbe in linea con le disposizioni del paragrafo 13 dell’articolo 50 che regola l’uscita dalla UE. Quanto ai 39 miliardi risparmiati, va messa sulla bilancia l’opportunita’ di un risparmio immediato a fronte del deterioramento dei rapporti con la maggiore area commerciale del mondo. Cio’ in vista della seconda fase dei negoziati sul rapporto futuro. I 39 miliardi erano per progetti decisi ai tempi con l’assenso britannico. Questi, per essere completati, dovranno essere ripartiti tra gli altri membri, che faticheranno a tenere una positiva disposizione d’animo verso Londra.

  • P.Alessio |

    Il parlamento dovrà votare la brexit WTO? Ne è sicuro? Per come la sapevo io, non deve votare un accidenti: la normativa esiste già e prevede che, in assenza di un accordo raggiunto entro 2 anni dalla richiesta di uscita dall’UE, si esce subito e comunque. Non serve ulteriore approvazione del parlamento, piuttosto quella serve per posticipare l’uscita o per votare gli accordi. E, in tema di accordi, noto una forte carenza di commenti sul lato UE dell’assenza di un accordo. Molto comodo dire che “il negoziato col Governo è chiuso e completato e il “contratto” è stato firmato”. Il negoziato certo sembra chiuso, perché la Ue non vuole proseguirlo, ma il contratto non è stato firmato affatto. La verità, che tutti i commentatori seri non nascondono ma anzi sottolineano, è che l’accordo per l’UK è terribile – la sola parte sull’irlanda del nord è folle – e che il muro della Ue a ridiscuterlo (o il suo desiderio di applicarlo in primo luogo) è una precisa scelta politica tesa a fare dell’UK un esempio per chiunque altro voglia lasciare Bruxelles. Una posizione dettata dall’idea politica che sarà l’Uk a soffrire di più…. questo si, però, che è tutto da dimostrare. Senza parlare poi dei famosi 39 miliardi di sterline, che in assenza di accordo l’Uk si tiene – e la Ue dovrà coprire nel bilancio. Insomma, ci sono molte più sfumature di quante trattate in questo articolo chiaramente di parte.

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