Sulla Brexit prepariamoci a una britannica ossessione

Come in ogni atteggiamento ossessivo che si rispetti, la Brexit, nella mente dei britannici, è diventata un implacabile magnete che crea attorno a sè un campo di forza che distorce ogni ragionamento, riportandolo inevitabilmente attorno a un tema, ossia la situazione a venire del Paese. Per i remainer, che sono convinti che il voto del 23 giugno abbia aperto le porte a una tragedia, rubando il futuro a una generazione di britannici, è cominciato un lento conto alla rovescia verso la rovina nazionale. Ogni nuovo elemento negativo va letto in questa chiave. Per i fautori del divorzio dalla UE è solo questione di tempo e qualche seccatura da superare nel prossimo biennio e poi si aprirà un futuro radioso per il Paese che, libero dalle catene di Bruxelles, nuovamente tornerà a brillare come ai bei tempi dell’Impero, irradiando la propria luce ai quattro angoli del pianeta.

Come in ogni ossessione, tutti questi ragionamenti hanno finora avuto scarso fondamento nella realtà, dato che fino a ora il Regno Unito è rimasto membro della UE ed è dunque difficile leggere segni di miglioramento o peggioramento concreti, eccetto il fatto che la svalutazione del 15% della sterlina sta inesorabilmente portando a un aumento dei prezzi delle merci importate (quasi tutte) e quindi a incidere sulla qualità della vita specialmente delle fasce più deboli. Ma siamo ancora all’inizio di un processo che sarà lungo e tortuoso. I veri effetti economici della Brexit potremo infatti misurarli solo una volta che il Regno Unito sarà realmente uscito dalla UE e avrà rinegoziato i termini del proprio rapporto commerciale ed economico con la UE e il resto del mondo.

Nell’attesa, da mercoledì della prossima settimana, quando verrà effettivamente invocato il famigerato articolo 50, l’ossessione compirà un salto di qualità, sostanzialmente alimentata dal vocìo dei media, in particolare dei tabloid filo- Brexit, sull’andamento delle trattative. Fughe di notizie sulle trattative, diverse interpretazioni, posizioni negoziali che si faranno e disferanno a seconda delle occasioni, ingigantiranno un’ondata emotiva contro Bruxelles che inevitabilmente non potrà che peggiorare i rapporti tra Londra e il resto delle capitali europee. Di questa crescente ostilità sentiamo già squillare le trombe, suonate dagli araldi dell’eurofobia come il Sun o il Daily Mail. Sarà, purtroppo, un brutto vedere. Già ora, sulle voci e le mezze ammissioni che Bruxelles potrebbe chiedere a Londra 60 miliardi di euro di danni come risarcimento, i Brexiters stanno flettendo i muscoli pronti a ingaggiare un attacco frontale contro i burocrati di Bruxelles.

Il gioco dei Brexiters, che fa leva sui sentimenti dei britannici, sta nel creare dei fantasmi e dipingere gli altri 27 ex partners della UE come un monoblocco ostile e sostanzialmente “diverso” che si avvale del braccio secolare di burocrati non eletti che hanno succhiato e vogliono ancora succhiare il sangue dei contribuenti inglesi. L’Europa, d’altronde, gli eurofobi la hanno sempre approcciata con spirito di bottega, con la conta di entrate e uscite. Nessuna altra visione più ampia con una riflessione su un’area di solidarietà che è  riuscita a tenere lontane altre devastanti  guerre e a instillare nei giovani un senso di fratellanza e cosmopolitismo che ha aperto loro la mente e li ha resi più tolleranti e curiosi nei confronti degli altri europei. Per i Brexiters , essendo il Parlamento e la democrazia britannica “superiori”,  il tema della solidarietà, oltre alla curiosità nei confronti di coloro che a loro avviso sono civilmente più arretrati, non si pone ed è una perdita di tempo. Viva dunque lo splendido isolamento. Il Paese che ha inventato la democrazia moderna e che si è basato sulla tolleranza e l’analisi scientifica per stabilire sempre i fatti prima di trarre conslusioni, rischia di entrare in un turbine di irrazionalità che lo porta a caricare ciecamente dei fantasmi come un bisonte. Col rischio che l’ossessione finisca poi per trasformare la realtà a sua propria immagine, peggiorando le cose per se stessa e chi le sta attorno. Ci vorrà molta calma e sangue freddo per trovare una via d’uscita razionale che accontenti tutti. E calma e sangue freddo, oltre che equanimità di giudizio, che sono sempre stati una qualità degli inglesi, sono, nel giro di meno di un anno, diventati merce rara da questa parte della Manica. Sarà, temo, sempre più ossessione. Per questo la UE, durante i negoziati dovrà mostrare il più possibile equanimità e distacco per evitare di farsi risucchiare in un gioco pericoloso che rischia di trasformarsi in una rissa che danneggerà tutti.

 

  • arcangiolo rossetti |

    non riesco a vedere l’ unione europea come patria tollerante e solidale. l’Europa s.p.a perde un azionista e il rapporto come tale deve essere regolato. saluti. a.r.

  • luisa alessandrelli |

    l’inghilterra ci lascia. provo un grande dispiacere e temo che inizierà la fine del regno unito considerato il desiderio della scozia e dell’irlanda di far parte dell’U.E. un referendum vinto per poco più di un punto è risibile. vedo periodo buio per la may.

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