Il gelo della Brexit sui tetti di Londra

La prospettiva di una Brexit è uno dei fattori che più sta pesando in questi mesi sulla fascia alta del settore immobiliare della capitale  britannica. E’ una doccia fredda che è andata a colpire un mercato già in via di congelamento in questo gelido inizio di primavera londinese. Le tormentate vicissitudini del Medio Oriente e il calo del prezzo del petrolio hanno infatti inferto un duro colpo agli acquisti dei ricchi arabi. A cui si aggiunge una forte flessione degli acquisti degli oligarchi russi, stretti fra la crisi della loro economia e delle sanzioni occidentali. Un calo a cui non hanno fatto da contraltare acquisti dalla Cina e da altre economie emergenti, anch’esse in crisi. Risultato: l’effetto benessere causato negli ultimi anni dagli acquisti dei ricchi stranieri extraeuropei sta svanendo rapidamente.

In verità, in marzo c’è stata un’ultima fiammata di prezzi nel segmento sopra i due milioni di sterline di valore perché molti hanno voluto portare a termine acquisti importanti prima che scattassero nuovi aumenti alle tasse di registro nel nuovo anno fiscale. Ma sono acquisti che rischiano di rivelarsi una mossa improvvida, dato che il mercato sembra dare vistosi segnali di rallentamento strutturali.

In aree affluenti della capitale come Kingston, Fulham, Wandsworth, Westminster, Hammersmith, Knightsbridge e Kensington and Chelsea i prezzi sono scesi mediamente del 10% su base annua, secondo la società di analisi immobiliare Propcision, con una crescente rarefazione degli acquisti che ha portato a punte al ribasso dei valori  fino al 20%. La prospettiva di un Brexit ha dato infatti un colpo di grazia finale agli acquisti da parte degli europei, che, complice una sterlina debole, avevano finora sostenuto il mercato. Davanti alla possibilità di un’uscita del Regno Unito dalla UE e dalle infinite complicazioni legali che potrebbero seguire, gli acquirenti benestanti del continente hanno ora deciso di stare alla finestra, portando il mercato delle case di valore a una paralisi totale.

Se i ricchi iniziano a piangere, le classi medie purtroppo non hanno iniziato a sorridere. La no go area del centro ha infatti spinto molti a comprare in zone semi-centrali, alzando fortemente i prezzi di quartieri come Brixton e Clapham. Con la conseguenza che numerosi giovani che si trovano a far fronte al primo acquisto, si stanno spostando nei sobborghi della capitale, se non addirittura sono costretti a cambiare città, muovendosi nel ricco Sud Est, per chi se lo può ancora permettere, se non addirittura a Nord in città’ come Birmingham o Coventry.

Il risultato a cui assistiamo è una crisi che va ben al di là del campo immobiliare e che inizia a pesare sull’economia della capitale che, durante la crisi economica, ha continuato a crescere a ritmo doppio del resto del Paese. Per calmierare i prezzi, Londra avrebbe bisogno di costruire circa 300mila case all’anno, ma ci stiamo muovendo su una media di 60/70mila. Un trend rafforzato dall’incertezza politica degli ultimi mesi, che ha portato a un blocco delle nuove costruzioni da parte delle aziende del settore. L’assenza di alloggi sta spingendo fuori dalla metropoli tutta una fascia di professionisti che sono la linfa stessa della vita economica della capitale: accademici, professionisti,  e lavoratori nel settore della tecnologia e dell’ingegneria se ne vanno. Come ha fatto notare un recente articolo di The Economist, la proporzione di costoro sul totale della popolazione di Londra è calata dal 6,6% al 5,4% tra il 2011 e il 2014 ed è continuata a calare nell’ultimo biennio. A costoro vanno aggiunti tutti quelli che lavorano in settori essenziali come la sanità, costretti a ore di pendolarismo con rischi per le strutture ospedaliere e studenti e artisti che tanto contribuiscono alla vitalità e creatività della metropoli.

Gli aridi numeri sono lì a testimoniare il problema delle classi medie: tra il 2001 e il 2011 il loro reddito disponibile è calato di quasi un terzo, dal momento che a fronte dell’aumento dei prezzi immobiliari i redditi reali della gente comune sono scesi, in particolare del 4% nel periodo tra il 2008 e il 2014. Risultato: sempre più persone che vogliono o sono costrette a vivere a Londra per motivi di lavoro si vedono obbligate a condividere appartamenti. Un crescente numero di giovani resta a casa con papà e mamma, come accade dalle nostre parti e molti professionisti che lavorano pur in settori lucrosi come la City o il campo legale o i media dividono appartamenti con altre persone fino ai 30 anni inoltrati. Se il trend dei rialzi immobiliari nel segmento medio e basso proseguisse, secondo uno studio del Prof Paul Cheshire della London School, a livello nazionale (e non solo della capitale) nel 2020 ci troveremmo con un rialzo medio del 23% dei valori immobiliari a quota 270mila sterline (330mila euro) per la prima casa, il che significa che, per ottenere un mutuo alle attuali condizioni vigenti, uno dovrebbe guadagnare oltre 60 mila sterline lorde l’anno (75mila euro) per comprare uno straccio di prima casa.

Dato che i prezzi li fanno la domanda e l’offerta, dato che gli stranieri si stanno dileguando, dato che le classi medie perdono potere d’acquisto, la prospettiva non può essere che una: una correzione al ribasso dei prezzi immobiliari. Il che sta già accadendo. Secondo gli immobiliaristi, che hanno interesse a gettare acqua sul fuoco, ci troveremmo davanti a un atterraggio morbido. Secondo i pessimisti, potremmo invece assistere, in aree in cui i prezzi sono saliti più rapidamente, a correzioni fino al 30%. Forse è uno scenario troppo negativo, ma un fatto è certo: l’adagio secondo cui i prezzi di Londra non potevano che andare in una sola direzione, ossia all’insù, inizia a essere smentito dai fatti.