Londra sempre più gonfia e sempre meno densa

Londra continua a crescere. Rapidamente. Pare inevitabile dunque che, per accomodare le ondate di nuovi venuti, la città si sviluppi verso l’alto accogliendo nuovi grattacieli che spuntano come funghi. Ma il tessuto urbano sta realmente sviluppando densità o piuttosto si sta gonfiando, lievitando come schiuma? Dipende dai punti di vista che cercherò brevemente di illustrare.

Da qui al 2030, la metropoli britannica dovrebbe passare da 8,6 a 10 milioni di abitanti. Dal 1991, quando toccò il minimo dal dopoguerra di 6,7 milioni, a oggi, la popolazione della capitale è aumentata di oltre 2 milioni, quanto la popolazione di Roma.. Tra 15 anni dovrebbe aumentare di un altro milione e mezzo. Insomma, in 39 anni, Londra dovrebbe accrescere la popolazione di 3,3 milioni, ossia del 50%. Con una crescita di 100mila abitanti all’anno, pari alla popolazione di Trento, la capitale britannica aggiungerà in 4 decenni tanta gente quanto la popolazione di Berlino…La megapoli sul Tamigi si trova in una fase storica di sviluppo che ha come unico precedente il boom dell’era vittoriana, quando la popolazione passò da 1 milione di abitanti nel 1801 a 6,5 milioni nel 1901.

La crescita tumultuosa si sta traducendo in una crisi, delle abitazioni e dei trasporti. A cui si aggiunge una crisi socio economica, dato che la capitale continua a drenare risorse all’intero Paese. Per fare fronte a quest’ultima emergenza, il Governo, in particolare il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, ha varato piani faraonici per ridare slancio al Nord d’Inghilterra, potenziando opere di infrastruttura in grandi centri come Manchester, Leeds, Liverpool e Birmingham. Staremo a vedere. Personalmente diffido dei mega progetti imposti dall’alto rispetto alle forze spontanee dell’economia.

Nel caso di Londra, d’altra parte, il lievitare della popolazione sta creando una congestione degli alloggi senza precedenti. I prezzi delle case salgono alle stelle, le classi medie e basse sono spinte verso i sobborghi, se non addirittura verso altre città, sottraendo alla capitale forza lavoro in settori come sanità, educazione e altre aree vitali dell’economia. D’altra parte, il continuo progredire dei valori immobiliari attrae nella capitale britannica benestanti di tutti i Paesi, che spesso comprano al solo fine di investire, lasciando stabili e appartamenti vuoti per buona parte dell’anno. Nei quartieri più cari del centro, quali Belgravia, Mayfair e Chelsea, capita spesso, la sera, di osservare palazzi bui durante la notte perché disabitati.

Tra gente che va e gente che viene il saldo è però positivo e l’effetto più rilevante di questo boom della popolazione è la crescita della capitale in verticale. Chiunque abbia visitato recentemente Londra avrà notato come nel giro di 10 anni siano spuntati come funghi a Est della città una cinquantina di grattacieli tra la City e Canary Wharf.  Da qualche anno alcuni grattacieli stanno però facendo capolino in aree residenziali a Ovest della capitale.  Ebbene, si tratta soltanto di un piccolo antipasto, considerando che, tra permessi ottenuti e lavori avviati, gli stabili superiori ai 20 piani di altezza sulla rampa di lancio sono attualmente 187. Motivo: se la popolazione cresce rapidamente, l’unico modo per ovviare al problema altrettanto rapidamente è aumentarne la densità, costruendo in verticale.

A prima vista la soluzione dei grattacieli pare ragionevole, ma il prezzo da pagare è alto, per vari motivi. Innanzitutto, malgrado una parte dei vani dei nuovi grattacieli vengano obbligatoriamente destinati a prezzi moderati ai residenti, gli altri vani vengono comprati dagli stranieri freneticamente, spesso ancora col progetto sulla carta, alimentando un flusso speculativo che si scontra con la necessitá di calmierare i prezzi. Il secondo motivo, di ordine più estetico e culturale che quantitativo è che Londra viene snaturata. Una città nata e cresciuta in orizzontale per agglomerazione di tanti villaggi che hanno diverse caratteristiche, viene sventrata in quartieri che avevano unità di stile per fare largo a costruzioni pastorizzate nella forma, che ripetono un pattern ormai comune in tutto il mondo, da Dubai a Pechino, passando per Chicago e Melbourne.

Secoli di crescita per sedimenti, che si è adattata al gusto e alle necessità di diversi periodi storici, stanno cedendo il passo a una crescita rapida e standardizzata. Il simbolo più evidente di questo nuovo trend, in questi giorni al centro di forti polemiche, è un grattacielo che dovrebbe sorgere presso la stazione di Paddington. Alto 254 metri su 72 piani, diverrebbe il secondo della metropoli, dietro allo Shard di Renzo Piano, costruito presso la stazione di London Bridge, a Est della capitale. Motivo di tanto scalpore? Il fatto che la costruzione, parte di un progetto del gruppo immobiliare Sellar (lo stesso dello Shard) da 1 miliardo di sterline e progettata ancora una volta da Piano, sorge isolatamente in una parte residenziale della città, tipica per le costruzioni tradizionalmente basse. Dato che siamo in tempi frettolosi, chi si oppone avrà un solo mese di tempo, gennaio, in vista di una decisione che verrà presa a marzo. I promotori del progetto faraonico assicurano che la torre di vetro – che ha la forma di un tubo di vetro stretto e alto – ridarà slancio a tutta l’area, oltre a creare posti di lavoro nella fase di costruzione. Anche se con soli 200 appartamenti mi pare un enorme spreco di vetro e ferro per domiciliare poche persone. Il resto sarà dedicato a centri commerciali e uffici. Lo schema peraltro è sempre lo stesso e si ripropone da oltre un decennio in aree “bonificate” come Paddington Basin, King’s Cross, Battersea, Victoria, London Bridge, South Bank per citare casi noti.

Certo, uno potrebbe obiettare che anche la Londra vittoriana crebbe in modo compulsivo nel giro di meno di un secolo con una teoria sterminata di casupole, tutte più o meno uguali. Ogni epoca ha il suo stile e le necessità di sviluppo vanno soddisfatte. Devo però dire che, mentre gli stabili moderni che sono spuntati in aree commerciali come la City (dove ormai sopravvive solo un quarto degli stabili originari) e Canary Wharf hanno una loro funzione, i grattacieli e i grandi palazzi in vetro nelle zone residenziali snaturano il Dna di un quartiere. Per quanto avveniristico, Paddington Basin, che è a meno di un chilometro da casa mia ed è costituito da una serie di costruzioni in vetro ultramoderne solcate da canali, dove convivono aree residenziali e commerciali, non mi attira per nulla. Né ho mai sentito amici proporre di uscire a cena in uno dei ristoranti dell’area, locali spesso parte di catene come capita nella City o a Canary Wharf.

Gonfiore e densità: qui le parti paiono invertirsi. Se, infatti, quantitativamente i grattacieli risolvono il problema della densità della popolazione, qualitativamente creano gonfiore e schiuma, riproponendo senza alcun fascino schemi urbani replicati con lo stampino, popolati da esercizi parte di catene commerciali. Per avere carattere e anima, un quartiere ha infatti bisogno di decenni di crescita per sedimenti, alimentata da seduzione, fascino e passione. E’ quanto dà anima ai tanti villaggi di Londra da Notting Hill a Camden, passando per Islington, Hampstead, Fulham, Kentish Town, Battersea, Richmond e Brixton per citarne alcuni noti. Fuori dall’orario di lavoro, passato in asettici palazzi di cristallo che si vanno moltiplicando, la gente ha bisogno di asimmetria, approssimazione, odori, colori, colore e magari anche un poco di sporcizia. E’ quello che fa l’anima di una città, che Londra sta perdendo.

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