Non si può dire che il premier britannico David Cameron stia attraversando un momento felice. L’ultimo infortunio di una lunga serie è stato l’isolamento (in imbarazzante compagnia dell’Ungheria) al voto contrario alla nomina di Jean Claude Juncker alla guida della Commissione UE. Un voto che non sarebbe contro la persona dell’ex premier lussemburghese e veterano dei meccanismi di Bruxelles , ma < contro ciò che rappresenta > come non si stancano a ripetere i portavoce del Governo. Il fatto è che sono dichiarazioni fatte col senno di poi, dato che Cameron ha compiuto un gigantesco errore tattico proprio osteggiando Juncker come persona-simbolo fin dall’inizio della partita, sperando di raccogliere abbastanza malcontento contro di lui. Una mossa azzardata che gli è costata cara. Infatti tutti i media inglesi rilevano che la sconfitta è ora servita ad accelerare l’uscita della Gran Bretagna dalla UE. Non credo che questo fosse l’obiettivo del premier britannico. Non credo che Cameron con questo braccio di ferro volesse provare che la UE è ormai incurabile e che agli inglesi conviene andarsene. Credo sia stata una scommessa mal riuscita.
Cameron si trova infatti sotto enorme pressione da parte degli eurofobi annidati nella destra del proprio partito e dei rappresentati dall’ UKIP di Nick Farage che chiedono un’uscita dalla UE. Il premier deve dunque, se vuole rimanere nella UE, provare ai propri concittadini di essere capace di modificarla da dentro, mettendosi a capo di una corrente riformista dell’Unione. In mancanza di ciò, ha peraltro da tempo già messo in chiaro che, se vincerà le elezioni politiche del maggio del prossimo anno, porrà la questione al Paese in un referendum. Cameron sa troppo bene che un’uscita del Regno Unito dalla UE potrebbe comportare un costo elevatissimo, in termini di rinegoziazione dei trattati e libertà di movimento di capitali e persone, di investimenti e di commercio, considerando che gli inglesi devono in gran parte il proprio successo, tra l’altro, all’immigrazione di circa mezzo milione di giovani e meno giovani rappresentanti della classe dirigente europea che contribuiscono con il proprio know how e i propri capitali al benessere del Paese, in particolare di Londra. L’idea dunque di dare il via alla campagna riformista attaccando Juncker frontalmente, senza calcolarne la forza reale, dato che volenti o nolenti è stato votato da 26 Stati su 28, è stato come un imprudente atto di un temerario Davide contro un invincibile Golia. Difficile ora trovare una marcia indietro o una uscita soft dopo un attacco frontale del genere.
Cameron è peraltro appena uscito con le ossa rotte dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche da parte dei media tabloid che hanno coinvolto in numerosi processi decine di giornalisti. Il premier ha infatti dovuto chiedere scusa pubblicamente per avere avuto al proprio fianco, come capo delle comunicazioni, Andy Coulson, ex direttore del tabloid di Murdoch News of The World , condannato alla prigione per essere stato il cervello che ha disposto migliaia di intercettazioni telefoniche per frugare nella vita degli inglesi, potenti, celebri o vulnerabili persone comuni. Per quanto Coulson si fosse dimesso già nel 2007 da direttore del tabloid a causa della condanna di un suo sottoposto per le intercettazioni, Cameron, contro l’avviso di numerose persone, non da ultimo il suo vice premier Nick Clegg, aveva deciso lo stesso di prenderlo al suo fianco nella macchina del Governo in una posizione di massimo spicco. Salvo poi trovarsi nella condizione di doversene separare ignominiosamente a forza nel 2011, quando Coulson fu indagato e arrestato come uno dei principali protagonisti dello scandalo. La domanda che tutti si pongono è : valeva la pena di correre un rischio così grande, dato che Coulson era ormai “segnato”, pur di cercare di ingraziarsi l’influenza di Murdoch?
Due gravi sviste, due notevoli errori di giudizio che mi fanno temere altri problemi all’orizzonte. Primo tra tutti il referendum sull’indipendenza della Scozia previsto per il 18 settembre, che è visto con crescente apprensione da chi ha a cuore le sorti del Regno Unito, data la crescente popolarità dei separatisti nazionalisti di Alex Salmond che, detto per inciso, addossano il massimo delle disfunzioni dell’Unione all’atteggiamento dei conservatori, a partire dalla Thatcher, ancora oggi impopolarissima a nord del Vallo Adriano. In questo caso le sviste non sono ammesse. Se la Scozia uscisse dall’Unione, Cameron si troverebbe a chiedere di rinegoziare la propria posizione nella UE con un Paese ridimensionato, che si troverebbe ironicamente a propria volta a rinegoziare in parallelo con gli Scozzesi la stessa identità del Regno Unito.