Il casus belli, la goccia che sta facendo traboccare il vaso, viene dal fatto che dal 1 gennaio di quest'anno, in base alle leggi di libera circolazione della Unione Europea, i cittadini romeni e bulgari potranno stabilirsi a vivere e lavorare in Gran Bretagna come qualsiasi altro cittadino UE, con gli stessi diritti dei britannici. Dopo la cosiddetta invasione di Europei dell'Est degli ultimi anni, in particolare polacchi, gli inglesi hanno visto con terrore la possibilità che una nuova ondata di europei orientali potesse stabilirsi in Gran Bretagna beneficiando e abusando di tutti i vantaggi del loro generoso sistema di welfare. Londra era riuscita a negoziare una moratoria di sette anni, bloccando la libera circolazione di bulgari e romeni, che avevano avuto l'accesso alla UE nel 2007, dopo avere notato con sgomento il forte flusso di immigrati Est Europei in seguito all'accesso del primo drappello (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania e Slovenia oltre a Cipro e Malta) nel 2004. Da allora si sono stabiliti in Gran Bretagna circa 600mila polacchi.
Dato che non hanno potuto rinnegare gli impegni presi con i trattati comunitari, gli inglesi hanno cercato un sistema per arginare il nuovo flusso. Il Governo Cameron ha passato in fretta e furia una legge che impedisce a partire dal primo gennaio a chiunque (e dunque anche agli europei della UE) di accedere ai benefici di disoccupazione per almeno tre mesi dalla data di arrivo nel Paese. A partire da aprile non potranno godere dei sussidi per la casa e, una volta stabiliti dopo i tre mesi, potranno godere di un sussidio di disoccupazione in vista di un lavoro per non piu di sei mesi. La libera circolazione resta, ma i neo-arrivati dovranno trovarsi un lavoro per campare e non vivere alle spalle della previdenza britannica. Questo sfoggio di muscoli, condannato a più riprese da vari esponenti della UE, va contro i trattati comunitari, dal momento che viola la legge di libera circolazione sul mercato del lavoro. Gli inglesi si giustificano dicendo che sono stati le maggiori vittime dell'influsso di europei orientali. Ciò che è ironico è che gli inglesi, critici su molti aspetti dell'Unione europea, si sono battuti più di ogni altro per l'approfondimento del mercato unico sia del lavoro sia dei capitali e ora paiono avere paura delle conseguenze.
Peraltro, il Governo Cameron è messo alle strette da una crescente ondata di sentimento anti -immigrazione che viene cavalcato da destra dal partito Ukip di Nigel Farage. Questi ha proposto recentemente che la moratoria sul welfare sia estesa a 5 anni . Se passasse la proposta, molti europei che si trovano da anni in Gran Bretagna si vedrebbero togliere i benefici del welfare fino a quando non raggiungeranno il quinto anno di residenza. Il sindaco di Londra Boris Johnson ha proposto un periodo di 2 anni. Downing Street fortunatamente è scesa in campo dicendo che oltre i 3 mesi la moratoria rischia di essere illegale rispetto ai trattati UE. Tanta è la pressione anti immigrazione che perfino il filoeuropeo liberaldemocratico Nick Clegg ha detto che i due anni potrebbero essere un'ipotesi se concordata e condivisa con altri Paesi UE come Germania Francia e Italia. Il che rischierebbe di creare un'alleanza tra ricchi europei contro i Paesi più deboli. Ma la pressione, come si diceva, è alta: uno studio di British Social Attitudes rilevava recentemente che oltre tre quarti dei cittadini britannici vuole un argine all'immigrazione e il 56% un forte taglio. Il Governo Cameron ha promesso di arginare l'immigrazione netta (immigrati meno emigrati) a 100mila persone l'anno. Attualmente siamo a quota 180mila con tendenza all'aumento anche perchè a fronte di un flusso costante di immigrati, se non addirittura a una flessione, gli inglesi emigrano molto di meno sul continente europeo a causa della crisi economica.
Le crisi economiche alimentano reazioni nazionalistiche. Ciò che fa specie è che sia la Gran Bretagna, paladina del libero scambio e dei mercati aperti, ad adottare questa chiusura a riccio. Spiace che perfino Boris Johnson, sindaco di Londra, che ne ha difeso a spada tratta il cosmopolitismo, ora chieda una moratoria di due anni. Io credo fermamente che tutto ciò sia sbagliato e che gli inglesi si stiano sparando su un piede. Infatti la forza di questo Paese in questi ultimi 20 anni è proprio derivata dalla forte immigrazione europea. I rampolli della classe dirigente del continente sono giunti a decine di migliaia (depauperando i rispetivi Paesid'origine) contribuendo al boom della finanza, dei media, dell'arte, del design e dell'architettura, ossia di tutte quelle cose che hanno fatto Londra una città unica al mondo. Lo stesso è valso nella fascia media e bassa, dato che sono stati proprio i polacchi, i lituani e anche tantissimi giovani spagnoli, italiani e pure francesi a creare un nuovo paradigma nella ristorazione, moda, arredamento, retail, artigianato, negozi e costruzioni sostituendo e arricchendo una scadente mano d'opera inglese con una mano d'opera di alta qualità. Il boom di Londra ma anche di altri città inglesi è stato in massima parte merito dei 2 milioni di europei che hanno trovato nella Gran Bretagna il terreno fertile che non avevano trovato a casa propria a causa di un mercato del lavoro bloccato e della scarsa meritocrazia. Chiedete a qualsiasi inglese se volesse tornare a ristrutturare la propria casa con mano d'opera locale rispetto agli immigrati polacchi o lituani o se volesse uscire a cena in un tradizionale pub inglese e riceverete un fermo no grazie. Il gioco della libera concorrenza ha moltiplicato infinitamente in meglio la qualità della vita dei britannici.
Non è inoltre vero che gli stranieri si tuffano a corpo morto sul welfare degli inglesi. Chi viene sull'isola lo fa in massima parte perchè ha voglia di lavorare e fare le cose bene. E tantissimi non sanno neppure come si fa a sfruttare il sistema del welfare, paraltro in effetti eccessivamente generoso. Un recente studio di UCL (University College London) ha infatti rilevato che negli ultimi dieci anni gli immigrati europei hanno dato molto più in tasse e contributi sociali di quanto non abbiano ricevuto in benefici: lo studio ha quantificato la disparità nel 34% rispetto al 2% (sempre saldo positivo) degli immigrati di altri paesi. Segno che l'alta qualità dell'immigrazione europea ha fatto un'enorme differenza. Personalmente, non ho mai chiesto gli assegni famigliari (30 sterline la settimana per figlio) perchè mi vergognavo di chiedere soldi che sarebbero serviti ad altri più bisognosi (da alcuni anni peraltro la musica è cambiata infatti e i contributi non sono più universali ma erogati in modo progressivo secondo i redditi) . Guardando indietro oggi mi accorgo che ci ho rimesso parecchie migliaia di sterline in tutti quegli anni ma, facendo un breve test tra amici europei immigrati di lunga data, mi sono accorto che lo stesso hanno fatto in tanti. Insomma, a volere essere un poco paradossali, si potrebbe affermare che, oltre ad avere migliorato enormemente la qualità della vita degli inglesi, gli Europei immigrati hanno finanziato loro la previdenza sociale con entusiasmo e senza battere ciglio.
Questa deriva anti europea, con un referendum in vista che potrebbe essere vinto dai secessionisti, è molto pericolosa. Se gli europei, specie quelli di fascia alta, iniziassero a lasciare la Gran Bretagna in cerca di lidi migliori, sarebbero gli inglesi a patire di più. Il fatto è peraltro molto chiaro alla mente di miei ex colleghi di giornali inglesi o di persone della City con cui parlo di frequente e che scuotono la testa sempre più imbarazzati e disorientati. Essere euroscettici è comprensibile. Questione di opinioni. Essere anti-europei però, per un paese che, malgrado le contorsioni lessicali in senso contrario, è europeo e dall'Europa dipende in grande parte è molto poco saggio. Nessuno chiede un flusso incontrollato
dell'immigrazione ovviamente, ma gli argomenti negativi che si ascoltano in modo crescente nei confronti dei cugini europei stanno diventando a mio avviso grotteschi.