Per gli ultraricchi la crisi è finita. A giudicare dalla lista dei mille Paperoni della Gran Bretagna, stilata ogni anno dal Sunday Times, il 2011 è l'anno della grande riscossa. Sulle ali della ripresa della finanza, del boom delle materie prime e del settore immobiliare, i tre grandi motori di arricchimento di questo nuovo "ciclo-anticiclico", i primi mille Re Mida hanno messo a segno quest'anno un potentissimo recupero sul 2010: la loro ricchezza è infatti aumenatata di 60 miliardi di sterline, raggiungendo quota 396 miliardi, un soffio al di sotto del record di 413 miliardi raggiunto nel 2008, l'anno dello scoppio della bolla finanziaria. Mentre le classi medie hanno dovuto fare i conti con uno degli anni più grami dal dopoguerra, riducendo drasticamente i consumi, i teramiliardari sono stati miracolati.
Tra i ricchi, peraltro, a stare meglio sono stati i ricchissimi: i primi 200 dei Magnifici Mille che nel 2008 valevano 280 miliardi di sterline e nel 2009 avevano visto quasi dimezzare le loro fortune a 180 miliardi, dopo un primo rimbalzo a 229 miliardi nel 2010 quest'anno sono tornati ai massimi livelli, mettendo a segno un totale di 279 miliardi. Se prendiamo peraltro i primi cento, che assieme cumulano 225 miliardi di sterline, pari al 57% del totale, ci accorgiamo di quanto questa ripresa sia concentrata e selettiva. Spesso le fasi di arricchimento di una nazione si verificano con forti sperequazioni iniziali, come un convoglio che parte a diverse velocità. C'è da domandarsi però se questo nuovo boom di ricchezza sia destinato a secendere per i rami al resto del Paese o a creare nuovi risentimenti in un momento di profondo disagio nelle società occidentali. Premettiamo che queste graduatorie prendono il tempo che trovano, dato che si basano su stime che mancano inevitabilmente di accuratezza. Gran parte dei ricconi della lista è infatti di origine indiana, russa, svedese, svizzera e perfino kazaka. E' certo che costoro hanno una casa a Londra e si godono la vita della capitale andando per negozi di moda, ristoranti e godendo di altre amenità. Temo però che non si possa dire che tutti pagano le tasse in Gran Bretagna. Se così fosse, infatti, il buco nei conti dello Stato britannico sarebbe ormai eliminato. A noi interessa peraltro stabilire se questo rigurgito di dobloni sia frutto di una rinascita dell'economia britannica, se sia sostenibile e, soprattutto, se sia replicabile in altri Paesi occidentali. A giudicare dai dati che ho passato in rassegna, devo purtroppo smentire su tutti i fronti. Si tratta in gran parte di patrimoni lievitati in un momento di boom delle materie prime e dell'impatto che questa nuova ricchezza ha avuto sul settore immobiliare. Mi pare, insomma, più un fenomeno congiunturale, di cui Londra ha beneficiato perchè è la stanza di compensazione del mondo (pensiamo alla colossale quotazione della società mineraria Glencore), ma che resta da provare se si trasformerà in un flusso di benessere costante per tutti. Quanto all'unicità della Gran Bretagna e, in particolare, di Londra rispetto al resto dell'Occidente, il quadro è più sfumato: da un lato infatti, quelli che si sono più arricchiti guidano aziende legate all'export, più esposte alla globalizzazione, esattamente come è capitato in Paesi come Italia e Germania. Dall'altro però Londra mantiene una propria particolarità in campi come la musica (i musicisti più ricchi in classifica valgono, messi assieme, oltre 6 miliardi di sterline), la finanza specializzata dei fund managers (12 miliardi) e la moda (23 miliardi) dove la famiglia irlandese Weston (6 miliardi), proprietaria di Selfridge's e Primark, da sola vale oltre un quarto del totale. C'è poi una sterminata fila che può andare sotto il nome generico di finanzieri, non perchè siano strettamente banchieri, ma che include una legione di Paperoni che comprano e vendono merci, materie prime e aziende incassando fortissimi profitti. Una legione che vale alcune decine di miliardi come pure gli immobiliaristi. Non va poi dimenticato il mondo dei media, editoria e spettacolo che in Gran Bretagna è assai più ampio che nel resto d'Europa. Basti pensare che solo il fenomeno Harry Potter, tra l'autrice J.KRowling, gli editori e gli attori della fortunata serie, ha generato patrimoni per oltre un miliardo di sterline. C'è, per concludere, un altro fenomeno particolare alla Gran Bretagna che tanto vorremmo vedere in Italia: i patrimoni creati dal nulla dai giovani, grazie a idee originali e abili iniziative: Il Sunday Times annovera una cinquantina di nababbi sotto i 30 anni di età che già hanno messo assieme capitali tra i 5 e i 50 milioni di sterline. I figli di papà sono pochissimi: gli altri si sono guadagnati i galloni in campi come internet, spettacolo e media. Questi sono settori certamente destinati a durare, in cui l'Occidente e il mondo anglosassone in particolare, mantengono ancora un vantaggio sugli orientali. Non ci resta che sperare in queste nuove promesse.