Quella che vedete a destra è la foto dei lavori del nuovo stadio, sito nell'East End di Londra, dove si terranno le Olimpiadi. Un atto dovuto, direte voi, dato che la capitale dovrà ospitare i Giochi del 2012. Il fatto è che ovunque vi rechiate per le vie della città, a dispetto della tremenda recessione, vi capiterà di incappare in lavori in corso. Le strade sono un vero percorso di guerra: secondo il quotidiano londinese The Evening Standard sarebbero attualmente aperti, tra grandi e piccoli, 370mila cantieri, circa quattro per ognuna delle 85mila vie cittadine. Tanto che la gente non ne può più e il povero sindaco, Boris Johnson, ha dovuto recentemente ammettere la propria impotenza ad arginare questa bulimia cantieristica. Grattacieli che spuntano nella City, scavi per accomodare le nuove tubature dell'acqua o le fibre ottiche per la banda larga, nuovi complessi immobiliari sparsi qua e là per la città e miriadi di piccoli lavori di ristrutturazione di unità immobiliari residenziali. Frastuono e ingorghi, fortunatamente diluiti dalla enorme estensione della metropoli. Che continua a palpitare, malgrado tutto.
Venerdì sera, di rientro dal lavoro, ho assistito al rito che si compie all'inizio di ogni week-end nella City: migliaia e migliaia di giovani si preparano febbrili a una serata di svago dopo una dura settimana di lavoro. Molti si sono cambiati d'abito in ufficio per non perdere tempo e potete individuarli perchè indossano smoking o abiti eleganti mentre le donne hanno lasciato le scarpe da ginnastica o i vestiti d'ordinanza per indossare abiti scollati e coprirsi di trucchi pesanti. Tantissimi di questi giovani, malgrado la stressante giornata lavorativa, hanno il sorriso sulle labbra. Se poi ci si reca verso ora di cena nel West End in quartieri come Soho o Covent Garden potrete notare assembramenti impressionanti fuori dai pub. Un rito che si ripete infinite volte a ogni angolo della città. Ci sarà la crisi, ma la voglia di vivere non manca e ricorda quella che percorreva le città italiane negli anni '60 e '70. Ovviamente i giovani non sono monopolio della capitale britannica, ma il cocktail di lavoro, meritocrazia e divertimento, con il meglio che musica e spettacolo può offrire in Europa, crea un senso di appartenenza a una narrativa più ampia che, in virtù del cosmopolitismo di Londra propone, grazie alle diverse nazionalità, crea un microcosmo planetario, un laboratorio del genere umano in cui giovani italiani, tedeschi, brasiliani, russi, cinesi e indiani che studiano nelle Università si mescolano con i giovani britannici, a propria volta originari dei posti più disparati, in un crogiolo di emozioni, idee ed esperienze che si scambiano a getto continuo. Se è vero che da questa crisi l'Occidente uscirà con le ossa rotte e Paesi come Cina e India inizieranno a innestare inesorabili le marce alte, in questa città tali differenze si stemperano perché ogni paese ha una propria rappresentanza permanente. Le Olimpiadi, da queste parti, sono una fatto della vita quotidiana e uno stato mentale. In una città così multiculturale e multietnica l'evento del 2012 sarà alla fine un fatto normale, come una gita sul London Eye, un concerto rock all'O2, o una visita al museo delle Cere.