L'arrivo del e-book e il lancio dell' iPad rischia di travolgere l'unica nicchia dell'economia ad alto contenuto intellettuale rimasta finora relativamente intatta: l'editoria libraria. Tra le grandi case editrici, già sottomesse a forte pressione sui margini da colossi come Amazon, c'è forte agitazione. Rischieranno di fare la fine dell'industria musicale, macellata dalla rete e dai download illegali? O di quella dei media, che sta andando a rotoli perchè tutti vogliono avere informazioni gratuite? E' giusto che una scarpa o una borsa o un foulard, ideate con uno sforzo di pochi minuti di fase creativa, valga assai più di un libro, costato da sei mesi a un anno di lavoro? E' giusto che un giornalista che si gioca la pelle per coprire una guerra rischi un giorno di non avere chi gli paga il biglietto aereo l'albergo e l'assicurazione perchè i margini dell'industria dei media si stanno sciogliendo come neve al sole? Ma dove andrà a finire la qualità dei prodotti intellettuali che finora hanno sostenuto il progresso umano? Internet ha finora svolto un lavoro encomiabile perchè ha tagliato fuori l'intermediario, permettendo una distribuzione immediata, a buon mercato e globale dei prodotti. Per il mondo della musica e delle lettere teoricamente la prospettiva è da Paese del Bengodi. Tra l'autore e il pubblico non ci sono più mezzadri e parassiti e costui, in teoria, può reclamare per sè il massimo dei profitti. Purtroppo non funziona esattamente così.
Tutto infatti ruota attorno a una questione di fondo: chi decide se un'opera è di qualità? Editori, giornali, case musicali e gallerie d'arte hanno infatti giocato finora il ruolo importante di filtro. Esperti, redattori professionisti e critici selezionano infatti ciò che vale la pena di essere reso pubblico. Immaginiamo che accadrebbe se ognuno, agli angoli delle strade, andasse a vendere il proprio dipinto sostenendo che si tratta di un capolavoro. Chi garantirebbeil compratore? Nel mondo dell'informazione, in termini un poco diversi, già sta succedendo: blog, websites, chatrooms, comunità portali con informazioni da supermarket ci bombardano ogni giorno di parole. Ognuno dice la sua. Tutti parlano e pochi ascoltano. I controlli di qualità sono sempre più tenui. Certo, i tempi in cui il direttore di un giornale era insindacabile tiranno con ampi margini di discrezione – secondo simpatie, antipatie, raccomandazioni e pressioni - sulla pubblicazione di un articolo erano lontani dall'essere ideali. Alcuni bravi giornalisti ne ristentivano per motivi non legati alla loro professionalità. Ma oggi in virtù di Twitter e You Tube tutti possono improvvisarsi giornalisti. In molti casi viene aggiunto molto valore e si trovano informazioni preziose. Ma in gran parte dei casi tutto serve ad alimentare un bailamme assordante fatto di milioni di gigabyte. Se prendiamo ad esempio un libro, solo il 10% del costo è dato dalla carta, dalla stampa, dallo stoccaggio in magazzino. Il resto è anticipo in royalties all'autore, revisione editoriale, marketing e promozione. Lo stesso per altri versi vale per la musica e i film. Molti sostengono che il libro è una cosa diversa perchè la gente lo vuole possedere, leggere, rileggere e accarezzare. Un libro peraltro ci costringe a un'attenzione prolungata, in un mondo in cui si vive all'insegna della superficialità e dell'impazienza. Ma in un mondo in cui crescono gli istant book e in cui colossi come Amazon fanno promozioni a prezzi stracciati, il libro rischia di svalutarsi sempre più. E c'è rischio che l'arrivo dell'elettronica in questo campo ancora una volta ricopra il ruolo di Angelo Sterminatore. Badate, il libro elettronico a mio avviso è tecnologicamente una gran trovata. Come lo è stato internet. Ma è importante che chi lo scriva sia un professionista e venga giustamente retribuito e chi lo legga non perda il proprio tempo a leggere porcherie scritte male e in fretta. Insomma, dobbiamo riflettere sulla fine dell'intermediario, che, tutto sommato, non è così una figura bieca e parassita: garantendo la qualità dei prodotti, come fanno un critico o un mercante d'arte, esso garantisce il cliente.