La montagna di debiti da ripagare che emerge dall'ultimo budget, significa sostanzialmente due cose: aumento delle tasse e tagli alle spese in vista per gli inglesi. Sulle tasse, il cancelliere Alastair Darling ha messo in chiaro che a partire dal prossimo anno fiscale 2010/11 l'aliquota massima individuale salirà dal 40% al 50% per i redditi superiori alle 150mila sterline lorde annue. Il che si tradurrà, se sommiamo la previdenza sociale versata da lavoratori dipendenti e autonomi, in un'aliquota che potrebbe arrivare fino al 61%. La prospettiva ha già messo fortemente in agitazione la City di Londra e lo stesso sindaco Boris Johnson (a sinistra nella foto con il leader conservatore David Cameron).
La ricetta del successo della Gran Bretagna e di Londra negli ultimi 25 anni si è infatti basata sulla formula thatcheriana di un mercato del lavoro flessibile abbinato a un alleggerimento della tassazione con la riduzione dell'aliquota massima sui redditi individuali al 40%. Di fronte alla prospettiva di una voragine da 175 miliardi di sterline di deficit da ripianare il prossimo anno il Governo è corso ai ripari iniziando a tosare per la prima volta in un quarto di secolo i redditi alti. La linea del Piave del 40% è dunque saltata. Un tabù che Blair aveva rispettato e la cui violazione equivale allo stesso tempo al tradimento della promessa elettorale laburista che durante questa legidslatura le tasse non sarebbero state toccate. Lo scorso anno Darling aveva infatti parlato della possibilità di un aumento al 45% solo nella prossima legislatura 2011/12. Ma l'emergenza-debito avrebbe spinto il Governo a compiere la mossa in anticipo e con più vigore. Al punto da mettere ora il Paese nel novero di quelli europei a tassazione più alta. Il fatto è, come hanno rilevato molti, che la misura porterà al massimo qualche miliardo di sterline in più nelle casse dello Stato. Con l'effetto indesiderato di accelerare l'esodo di banchieri e professionisti che erano venuti a operare nella capitale britannica grazie al clima dinamico che si era creato dai tempi della Thatcher. La prospettiva preoccupante ha spinto il sindaco di Londra, Boris Johnson, a forte e immediata reazione. Tanto da scavalcare a destra Cameron e spingere molti a pensare che il biondo Johnson si stia preparando a una sfida al vertice del proprio partito in vista delle prossime elezioni. Cameron ha così dovuto, nel giro di 24ore, sconfessare il proprio cancelliere-ombra, George Osborne. Costui, per quanto critico del budget non si era scagliato a sufficienza contro l'aumento delle imposte. La mossa di Johnson ha creato scompiglio e ora gli stessi laburisti dicono che si tratterà di una misura temporanea. Purtroppo però la situazione dei conti pubblici è tale che è impossibile uscirne senza aumentare fortemente le tasse. E ciò anche a fronte di tagli alla spesa (si veda il post precedente). Il fatto che la soluzione inevitabile sarà in un forte aumento delle imposte nei confronti della classe media, che è quella che tradizionalmente finanzia il grosso delle entrate dello Stato. Le tasse sui ricchi fanno scena ma hanno poco effetto. Placano gli animi di chi ha visto il mondo della finanza arricchirsi smodatamente. Ma il fatto che i conti pubblici si siano sballati così tanto, deriva da errori del modello economico degli ultimi anni più che dall'avidità dei banchieri. Una situazione di cui l'attuale Governo Brown è da ritenere responsabile per primo.