Nel film-capolavoro di Jean Renoir, ambientato durante il primo conflitto mondiale, la Grande Illusione stava nella mal riposta speranza che una guerra cruenta e totale mettesse fine per sempre a tutte le guerre. La prima guerra rimescolò le classi sociali, portò al declino terminale dell’aristocrazia, che ai tempi era l’unica classe realmente cosmopolita, e aprì la strada al nazionalismo e a un nuovo conflitto, ancora più cruento. A ben pensarci, ogni generazione che ci ha preceduto ha sperimentato guerre e gravi crisi economiche. La prima guerra portava i semi di entrambe: una Grande Depressione sfociata poi in un conflitto mondiale. La miseria porta a tensioni che si scaricano nel riflesso condizionato di difendersi dai diversi, dagli stranieri, e scatena l’aggressività tra nazioni. La nostra generazione pareva avesse rotto una volta per tutte questa catena infernale grazie a una crescita senza fine della prosperità. La crisi finanziaria in atto, che potrebbe sfociare su una brutta recessione, riapre gli interrogativi e alimenta vecchie paure. Ma il mondo d’oggi è fortunatamente diverso.
Il mondo d’oggi, come abbiamo visto con i crack bancari a catena e senza frontiere, è ormai fortemente interconnesso. E a una crisi globale non può esserci che una soluzione globale. Non sono parole astratte. Basta vedere come i subprime americani hanno disseminato tossine in tutto il mondo, come le banche europee che inizialmente dicevano di essere "diverse" da quelle anglosassoni hanno iniziato a crollare in Borsa anch’esse dopo che è emerso che hanno comprato 2mila miliardi di dollari di prodotti americani tossici e che si trovano con una leva finanziaria in alcuni casi fino a 50 a uno rispetto a una media del 20 degli istituti Usa. E poi le banche spagnole hanno fatto meglio delle tedesche e francesi e alcune inglesi come Hsbc meglio di altre europee. La globalizzazione ha portato a una grande macedonia, con partecipazioni incrociate, con un boom dei flussi commerciali, con un’invasione nei nostri mercati di prodotti cinesi o di software indiano. Questa interconnessione è ormai inestricabile e ci obbliga a una "fratellanza" forzata: se facciamo del male al nostro prossimo facciamo del male a noi stessi. Ma nel bene abbiamo esagerato: il boom del credito ha creato la grande illusione che i poveri fossero diventati ricchi usando una dozzina di carte di credito che ripianavano i debiti una dell’altra e potessero tutti comprarsi una casa, che decine di migliaia di banchieri d’affari potessero arricchirsi in pochi anni come in passato si arricchivano poche centinaia in generazioni. I mercati globali hanno creato i super-ricchi, i calciatori-divi, che pescano risorse in un bacino assai più ampio dei mercati nazionali. Sono nati i milionari di massa. Nei porti di Cannes o Montecarlo si può ammirare una quantità di yacht lunghi decine di metri che fino a 10 anni fa erano impensabili. La ricchezza estrema ha polarizzato le classi sociali, internet ha tagliato i costi di distribuzione ma contribuito a proletarizzare le classi medie distruggendo chiunque abbia bassa professionalità. Infine, come ha provato l’America, la globalizzazione porta a nuove responsabilità: e gli Usa di Bush, col loro unilateralismo, hanno fatto danni che ora tutti pagano. L’ambiente, prima di tutto: non si può più concepire un Paese la cui popolazione consuma 25 barili di petrolio l’anno a cranio contro i 12 dell’Europa e assai meno degli altri Paesi del mondo. E, soprattutto, oltre all’inquinamento atmosferico, non è più concepibile che mandi in giro per il mondo il proprio inquinamento finanziario come è accaduto per i subprime. Tutto ciò è destinato a cambiare E questo è un buon effetto della globalizzazione. Forse la nuova salvifica Grande Illusione .