E’ accaduto ciò che fino a ieri era impensabile. Le banche inglesi, pilastro e orgoglio del capitalismo britannico, vessillo del libero mercato e della finanza globale, saranno parzialmente nazionalizzate. Sissignori, una parola che pareva sepolta e relegata agli anni ’70 è tornata di prepotenza sul proscenio. Le banche, custodi del capitalismo, non avevano abbastanza capitale. E così il contribuente è stato chiamato a pagare il conto, iniettando fino a 50 miliardi di sterline, pari, secondo un calcolo a spanne, a un quinto della capitalizzazione degli istituti quotati in Borsa. Quella annunciata dal Cancelliere Alastair Darling non sarà un’operazione brutale, dato che è volontaria: ogni banca potrà accedere alla proposta secondo le proprie necessità e i tempi e le modalità che vorrà decidere. Ma un passo storico è stato compiuto.
Un passo che, con i tempi che corrono, ha l’aria di essere tutt’altro che provvisorio. L’operazione, che costerà 1.700 sterline per contribuente, è destinata a raddoppiare il fabbisogno pubblico da 50 a 100 miliardi di sterline e il deficit dal 3 al 6% del pil. E che alla fine del processo, secondo stime, potrebbe portare la quota cumulativa dello Stato nei maggiori istituti a un livello compreso tra il 20 e il 30% del loro capitale. Una trasformazione cataclismica, insomma, nata da una misura di emergenza decisa dopo che due grandi banche inglesi, Hbos e Royal Bank of Scotland, hanno perso martedì 7 ottobre il 40% in una sola seduta di Borsa. Un segnale di totale sfiducia nel sistema. Sfiducia degli investitori, sfiducia dei depositanti ma quanto peggio sfiducia delle banche tra loro. Se non si fidano tra loro, prestandosi soldi, è il ritornello, perchè la gente comune dovrebbe fidarsi? Il crollo di fiducia tra cittadini e istituzioni bancarie private ha obbligato a entrare in scena l’ultimo baluardo di difesa della società civile prima dell’anarchia: lo Stato. Ridotto negli anni sempre più al ruolo di controllore di un mercato che avrebbe dovuto autoregolarsi è ora trornato prepotentemente in scena come proprietario. Come in un grande gioco dell’oca pare essere tornati indietro di 25 anni quando un gigantesco processo di privatizzazioni cambiava la faccia al mondo e avviava quel boom finanziario che si è poi trasformato in una bolla di cui ora siamo tutti vittime.