Il numero di The Economist del 19 aprile dedicato alle elezioni italiane saluta l’arrivo di Silvio Berlusconi con la frase < Dio salvi l’Italia >. Il noto settimanale britannico duella con il businessman e politico italiano dal lontano 1994, anno della sua prima elezione, dedicandogli servizi al fulmicotone, sfociati in cause legali da parte dell’interessato. Peraltro, è alto il livello di ostilità di molti media stranieri nei confronti di Berlusconi. Costui ha rintuzzato le critiche dicendo che i colleghi della stampa estera sono disinformati o di sinistra e dunque in malafede. E’ un fatto che la maggioranza dei media ha radici liberal, tendenti verso sinistra, anche per la natura di contropotere che sono chiamati a esercitare. Dato che nuove polemiche saranno inevitabili ho pensato che valga la pena fare un elenco dei tasti dolenti che, appena schiacciati, provocano una reazione negativa o comunque un immediato innalzamento della vigilanza tra gli stranieri, specie anglosassoni. E ciò non tanto per inibire l’interessato dal prendere decisioni o assumere certi atteggiamenti (farà comunque ciò che vuole), ma per avvertire il lettore che a certe azioni potranno corrispondere solo certe reazioni. In tal senso la storia del rapporto tra Berlusconi e gli stranieri, specie la Perfida Albione, rischia di diventare una noiosa ripetizione.
1) Il lato del "buffone". Bandane, trapianti di capelli, corna agitate in aria, abbronzature esagerate (queste ultime viste dagli anglosassoni tutt’altro che come indice di benessere ma di vita da gigolò) vestiti a effetto, atteggiamenti da sbruffone (in milanese bauscia) verranno regolarmente ripresi e sottolineati. Ognuno è libero di fare ciò che vuole ma ci saranno conseguenze. Londra peraltro potrebbe eleggere a sindaco Boris Johnson, un uomo acuto e intelligente ma noto oltre che per essere un giornalista e politico spiritoso e tagliente, anche un vero umorista al punto che ha partecipato a varie comiche televisive. Certo, l’uomo politico è meglio che sia un po’ grigio per non distogliere la gente con abbagli dai problemi reali. Ma ormai la tendenza è questa: vedere Sarkozy con Carla Bruni per credere. Paradossalmente dunque, sarà un settore in cui il Silvio nazionale sarà forse meno bersagliato.
2) Bugie e false promesse. Gli italiani sono considerati poco affidabili nel mondo. Se gli italiani, che se ne intendono di questi argomenti, accusano Berlusconi di esserlo a sua volta, significa per gli stranieri che l’uomo è da tenere particolarmente sotto osservazione. La bugia è il peggiore crimine nella società anglosassone. Se manca infatti la fiducia tra la gente l’intero impianto sociale si scolla e le leggi perdono sostanza perchè nessuno le rispetta. Bugie e false promesse sono come il miele per le mosche dei media anglosassoni che andranno a fare le pulci al nostro Premier rientrante. Il caso Alitalia, che pareva dovesse andare a una cordata di imprenditori privati e ora torna all’ovile Air France come da copione, passando per la russa Aeroflot per i cinici è un primo esempio. L’emergenza rifiuti (sparata sulle prime pagine della stampa mondiale) sarà il prossimo tema su cui Berlusconi sarà atteso al varco. E via elencando.
3) L’età. Berlusconi ha 71 anni e malgrado le cure estetiche, l’eterno sorriso e l’atteggiamento colorito è un conservatore un po’ passatello, criticato recentemente per posizioni un poco misogine, che deve misurarsi con colleghi come David Cameron, Gordon Brown, Sarkozy e Zapatero che hanno da 20 a 30 anni meno di lui. Gioca sul fatto che è un imprenditore e che ha il tocco di Re Mida. Ma è un imprenditore un po’ "parun", di un’altra generazione, dato che siamo nell’era di internet e della economia della conoscenza. Il lato del "self made man" avrà dunque meno richiamo che in passato.
4) I conflitti. E’ il tasto dolente su cui inevitabilmente tornano tutti gli stranieri. Può sembrare noioso ma i Paesi anglosassoni e in buona parte quelli occidentali vantano il fatto che il genere umano ha messo a segno una svolta epocale con l’invenzione illuminista della divisione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che ha permesso di fluidificare e accelerare la vita sociale rispetto alla vecchia cappa del singolo despota che tutto controllava (male). Vedere per credere i progressi fatti dall’Occidente democratico rispetto ai vari Sceiccati o a dittature asiatiche. L’arrivo della stampa come altro potere controbilanciante ha migliorato ancor più la situazione tanto che sono i Paesi a stampa più libera quelli che hanno sistemi economici più sofisticati. Ogni tentativo di impastare i tre poteri, di attaccare i giudici, ogni tendenza al monopolio dei media vene visto come un tentativo seicentesco di tornare a una società pre-moderna. In altre parole, il paternalismo e il forte controllo possono andar bene in azienda che ha una struttura più "dittatoriale" ma non necessariamente in un Paese moderno.
5) Il nazionalismo provinciale. Il nazionalismo è una qualità che il nostro Paese ha avuto o in dosi eccessive, con il Duce, o minime, specie nel dopoguerra. Una via di mezzo non sarebbe per nulla sgradita anche perchè è giusto che in certe situazioni Roma faccia l’interesse nazionale. Ma il nazionalismo becero per cui si attacca gli altri (Paesi stranieri o immigrati) o invoca il ricorso a un protezionismo anti-storico che può solo indebolire la nostra fibra economica verrebbe a propria volta criticato dall’estero. Sulla globalizzazione esistono dei miti: prima si temeva che il mondo sarebbe stato americanizzato e ora scopriamo che chi più ne ha risentito è stata la povera America e chi più ne ha tratto vantaggio sono i "poveri" Paesi emergenti come l’India. Berlusconi per anni si è detto liberista e ammiratore dell’America. Non può rinnegare queste radici pena essere criticato in base al punto 2).
Non sono grandi novità. Sono cose note. Ma i media stranieri, forse un po’ ossessivi e con poche idee fisse, reagiranno con matematica sicurezza ogni volta che penseranno di prendere in castagna il nostro nuovo Primo ministro su alcuni o tutti i punti sopraelencati. E’ già successo e rischia di ripetersi.