Un musulmano guiderà Cosmopoli

Sadiq Khan, musulmano praticante, di origine pachistana, figlio di un conducente di autobus, sarà il nuovo sindaco di Londra. Dall’inizio della campagna elettorale Khan era il favorito alle elezioni per la successione dell’uscente Boris Johnson. Dunque, dal punto di vista statistico dei sondaggi, nessuna sorpresa. Ma il fatto che le previsioni si siano avverate e che Khan sia stato eletto con 1,3 milioni di preferenze, rende per me questo evento eccezionale. In un periodo in cui l’Islam in Europa è tutt’altro che popolare e in America è addirittura il bersaglio degli strali di Donald Trump, che rischia di diventare il nuovo presidente americano,  la decisione presa dai londinesi diventa infatti un segnale politico straordinario e fa della capitale britannica il laboratorio di un esperimento di grande interesse a livello globale .

Khan non ha vinto perché è musulmano. Ammesso che tutti i musulmani di Londra di ogni etnia, origine nazionale e setta in età di voto si fossero recati in blocco alle urne con un’affluenza del 100%, il nuovo sindaco avrebbe ottenuto la metà dei voti che ha ottenuto. Se poi a votare fossero stati solo i suoi conterranei pachistani e bengalesi avrebbe ottenuto meno di un terzo. Khan ha vinto perché, “malgrado” sia musulmano e resti fedele alle proprie origini, ha manifestato il desiderio di rappresentare tutti i londinesi, di unire, di portare avanti la bandiera della tolleranza e di impegnarsi ancora più a fondo in campo sociale, affrontando problemi come la carenza di alloggi e l’esclusione sociale. Il suo messaggio è rimasto credibile fino alla fine, malgrado gli attacchi del rivale conservatore Zac Goldsmith (1 milione di preferenze), che ha cercato di dipingerlo come un fiancheggiatore degli estremisti islamici. “La mia è stata la vittoria della speranza sulla paura” ha detto Khan in un ecumenico discorso inaugurale. Corroborato da un altro discorso tenuto poco dopo nella cattedrale di Southwark, nell’East End, la più antica chiesa cristiana di Londra, in cui, al cospetto di rappresentanti di varie religioni e autorità ha messo in chiaro di volere unire e lavorare per tutti i londinesi dal primo giorno del mandato. Il suo messaggio è esattamente il contrario di quello divisivo dei musulmani estremisti e, per reazione, di coloro che vogliono combatterli.

Londra, con oltre 8,6 milioni di abitanti non è soltanto una città di banchieri, celebrities milionarie, oligarchi eccentrici e rappresentanti della crema della classe dirigente mondiale. E’ una metropoli fatta in grande parte di conducenti di autobus, camerieri, infermieri, impiegati, tassisti e autisti di ogni genere, giardinieri, lavoratori edili, musicisti, bottegai, piccoli imprenditori e artisti e dei loro figli. Insomma, di una grande maggioranza che vive di un reddito normale se non modesto e che si è vista schiacciare in questi anni da un costo della vita sempre più proibitivo. L’elettorato della capitale è peraltro istintivamente di sinistra, se pensiamo che i primi due mandati di sindaco andarono a Ken Livingstone, un laburista della vecchia sinistra. Oggi Khan è idealmente legato al leader laburista Jeremy Corbyn, che è un altro uomo della vecchia sinistra, anche se ha dato chiari segnali di smarcamento dal protettore. Boris Johnson, conservatore, ha vinto nel 2008 e 2012 perché è riuscito a dare un messaggio di eccentricità, giovinezza, allegria, spirito ed ecologia (ha moltiplicato i ciclisti in modo esponenziale) quando i rivali laburisti parevano a corto di idee. Peccato che da quando ha messo alle spalle l’amata capitale si sia messo a fare campagna per il brexit con tinte nazionaliste e a volte razziste (come quando ha definito Obama un keniano) che non avrebbe mai usato da sindaco. Un Boris nuovo stile non avrebbe forse ottenuto un nuovo mandato. E Goldsmith, che ha rigiocato la carta della giovinezza ed ecologia, è stato troppo sciapo e poco convincente, forse anche perché figlio di un finanziere miliardario, una categoria che in questo momento non è molto popolare. Su Goldsmith, un garbato giovane che inizialmente aveva avviato un confronto leale con Khan, ha forse pesato l’intervento dello spin doctor dei tory Lynton Crosby, che ha voluto impostare la fase finale della campagna sul rischio estremista.

Khan, che aveva iniziato la propria carriera come avvocato impegnato contro la discriminazione religiosa e razziale e gli abusi della polizia, si prestava come facile bersaglio alle critiche di collusione con i clienti da parte dei rivali. E’ che il giovane avvocato di belle speranze, cresciuto in tre stanze di una casa popolare, quinto di otto figli di un conducente di autobus e di una sartina, oltre alla verve dell’oratoria, aveva qualità ben superiori, che lo avrebbero portato in politica, come deputato, ministro (delle Comunità  e dei Trasporti sotto Gordon Brown) e ministro ombra (Trasporti e Giustizia con Ed Miliband) oltre che capo della campagna elettorale del leader laburista Ed Miliband, poi battuto nel 2015 da David Cameron. Il 45enne Khan si è mostrato fin dall’inizio un combattente, capace di stupire continuamente.

Londra si prepara a essere laboratorio di una nuova politica. Una città che sa che la tolleranza è nel proprio DNA, pena la disgregazione di una comunità eterogenea di 8,6 milioni di persone, 40% delle quali nate all’estero, originarie di decine di nazioni e affiliate a una ventina di religioni. Persone che hanno saputo integrarsi miracolosamente in tempi brevi, specie negli ultimi 20 anni. E’ una città in cui molti giovani musulmani di seconda generazione sono arrabbiati e alienati, come hanno provato le bombe del luglio del 2005. Ma è la stessa città che ha mostrato come un musulmano tollerante, anch’egli di seconda generazione, venuto dal nulla, con desiderio di riscatto e determinazione possa andare lontano, costituendo un esempio non solo per i disincantati della propria comunità ma per chi  li denigra. Sadiq Khan ha un grande peso sulle spalle perché deve provare ai musulmani che la moderazione paga e ai critici dell’islamismo che un buon musulmano può essere un buon amministratore, oltre che un buon politico, un buon avvocato, un buon padre e un buon marito. Un buon esempio per tutti. Londra gli ha dato questa possibilità e questa responsabilità storica.

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