Il richiamo della foresta di Jeremy Corbyn

E’ come se a guidare il Pd in Italia arrivasse un comunista puro e duro come Luigi Longo (leader del Pc tra il 1964 e il 1972). Anti Nato, anti-monarchico, anti-americano, anti-nucleare, filo arabo, difensore delle nazionalizzazioni, filo russo (filosovietici non si può essere più), insomma visceralmente anti-capitalista. A cui vanno aggiunti tratti puramente legati alla politica britannica: filo IRA, fino a quando è esistita ufficialmente, in favore di un condominio con l’Argentina sulle isole Falkland e dell’abolizione dell’indipendenza della Banca d’Inghilterra e, soprattutto, anti-europeo. Sissignori, secondo Corbyn, che votò peraltro contro l’entrata nell’allora Mercato Comune Europeo nel 1975, la UE, considerata dai Tory di Cameron un progetto semi-socialista e federalista, secondo Corbyn e i suoi adepti è un progetto liberista e capitalista da cui tirarsi fuori.

La visione politica di Jeremy Corbyn è infatti quella della sinistra laburista pre-Thatcher di 35 anni fa, uscita fresca dal freezer come se nulla fosse avvenuto in tutti questi anni. Una sinistra che non ha peraltro mai governato e che ha avuto un simile guizzo nel catastrofico precedente di Michael Foot tra il 1980 e 1983 quando il leader filo-trotzkista venne fatto a pezzi dalla politica del neo-eletto Governo Thatcher. Quella di Corbyn era peraltro una fronda che covava sotto la cenere da decenni, una brace che non si è evidentemente mai spenta e che ha iniziato ad appiccare fuoco al partito in pochi mesi, obliterando i resti di quello che era il New Labour di Tony Blair e Gordon Brown. Nessuno può mettere in dubbio che Corbyn sia un uomo di principio, dato che non ha mai cambiato idea in tutta la sua carriera. E nessuno può mettere in dubbio la sua buona fede, dato che ha già debuttato con una serie di inediti come rifiutarsi di cantare l’inno nazionale alla commemorazione della Battaglia d’Inghilterra, un momento sacro per gli inglesi che ricorda l’estremo sacrificio per bloccare l’invasione nazista. Corbyn ovviamente non è filo nazista, ma da buon repubblicano non poteva cantare God Save The Queen . 

Nessuno può peraltro mettere in dubbio la sua popolarità nel partito laburista, dato che ha ottenuto il mandato con il 59% dei voti e che sotto di lui le iscrizioni sono lievitate da 150mila a 550mila. La sua vittoria riflette il voto di una sezione della società arrabbiata col sistema che trova sostegno in circa un quarto dell’elettorato. Un elettorato che non perdona le banche, che soffre ancora della crisi economica, che non tollera la crescente polarizzazione della ricchezza nel Paese. Ma un voto contro il sistema funziona se poi viene girato in positivo dalla politica. I conservatori propongono una sofferta austerità, e, con sfumature centriste, vecchie ricette del passato. Il New Labour, con e le sue politiche in parte neo-conservatrici ha perso ogni appeal nel partito dato che parev e convergere sempre più con l’immagine centrista dei Tory di Cameron. Era giunto il momento di una terza via. Ma nessuno ha idee da proporre e Corbyn sta dimostrando di non essere in grado di andare oltre le ricette degli anni ’70.

Essendo totalmente inesperto di Governo, dato che in decenni da parlamentare non ha mai ottenuto uno strapuntino, Corbyn ha iniziato a presentarsi al pubblico con una serie di incidenti e contorsioni come un attore gettato sul palco allo sbaraglio senza sceneggiatura. Ha partorito un Governo ombra tra mille difficoltà, con politici anziani, maschi e di etnia bianca nei ruoli chiave. Ha incassato il no di buona parte dei deputati laburisti in Parlamento che gli sono contrari e hanno rifiutato di fare parte del suo esecutivo, e ha scelto un Cancelliere dello Scacchiere, (ministro dell’Economia) senza alcuna esperienza: John McDonnell. Finora McDonnell è assurto agli onori della cronaca per essersi scusato, dopo un periodo di imbarazzante silenzio, per avere dichiarato nel 2003, anni dopo l’accordo del Nordirlanda, che l’IRA andava “onorata” per la sua lotta per la libertà. Oltre a dichiarare con sarcasmo in un talk show televisivo che, se avesse potuto tornare indietro, avrebbe assassinato la Thatcher…

E’ incredibile ciò che sta accadendo in Gran Bretagna. Un Paese noto per la sua coesione nazionale è ancora dilaniato sulla questione scozzese. Noto per la sua innovazione in politica ed economia ha ora partorito un dinosauro di sinistra che rischia soltanto di rendere ineleggibile il Labour per almeno un decennio. Se qualcuno avesse voluto ordire un piano per instaurare una dittatura conservatrice non avrebbe potuto fare di meglio che inventare un Jeremy Corbyn. Finora era inoltre certo che i laburisti in grandissima parte avrebbero sostenuto l’adesione alla UE nel prossimo referendum. Tutto ciò Corbyn lo ha messo in dubbio, mettendo in imbarazzo i suoi ministri ombra che sono costretti a fare acrobazie lessicali davanti a dei media sempre più aggressivi, che giorno dopo giorno martellano di domande il New Old Labour di Corbyn per avere lumi sul senso di direzione che vuole prendere, dato che egli stesso sul tema ha fatto in pochi giorni una serie di inversioni a U. Corbyn dice che vuole introdurre una gestione più collegiale del partito, in cui i membri possono esprimere voci dissenzienti. Ma fino ad ora l’impressione è di una grande confusione.

Con un Labour spostato all’estrema sinistra, per i Conservatori è una pacchia: possono fare passare leggi di destra, come le restrizioni sui diritti di sciopero, ma anche di centro-sinistra come l’aumento del salario minimo riempiendo il vuoto al centro lasciato dai laburisti. Il Governo rischia una opposizione radicale, ma potrà contare sul buon senso di altri partiti per passare leggi, specie in politica estera, dove i laburisti sono fermi alla Guerra Fredda. Se Corbyn continuasse a dare prova d’incapacità, infine, sarà inevitabile lo scoppio di una guerra civile nel partito. Questa è già strisciante: i vecchi blairiani, pur dichiarando lealtà al partito, hanno già iniziato a criticare apertamente la nuova gestione. Prepariamoci a un periodo difficile per la politica britannica. Sarà infatti tutto da vedere come l’opposizione farà l’opposizione…